venerdì 26 dicembre 2014

I tre Sè della Tradizione Fatata

Più svariate religioni e correnti spirituali hanno cercato di "suddividere" l'essere umano in più parti: c'è il corpo fisico, quello materiale con il quale interagiamo con il mondo, lo spirito o l'anima, la mente cosciente, il subconscio e via dicendo. Nella Tradizione Fatata la mente si divide in cosciente e in incosciente, chiamate rispettivamente Sè Parlante e Sè Giovane. Semplificando, la prima viene gestita dalla parte sinistra del cervello, quella linguistica, matematica e organizzata mentre la seconda è gestita dall'emisfero destro, più istintivo, emotivo e poetico.

Il Sè Giovane (Fetch, Sè Bambino, Subconscio) fa esperienza nel mondo in modo diretto, attraverso la coscienza olistica dell'emisfero destro. Le sensazioni, le emozioni, i sogni, gli impulsi di base, la memoria visiva, le intuizioni e le percezioni fan tutte parte del Sè Giovane. Egli comunica attraverso immagini e archetipi, emozioni, sensazioni e sintomi fisici, non attraverso il linguaggio.

Il Sè Parlante (Talker, Ego) cerca di organizzare le impressioni del Sè Giovane, anche se la comunicazione non è sempre facile. Egli funziona attraverso la coscienza verbale e analitica tipica dell'emisfero sinistro, include anche quella serie di regole interiori che ci permettono di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.

Ma nella Tradizione Fatata esiste un terso Sè, il Sè Profondo (Sè Divino, Sè Superiore, Santo Demone, Angelo Custode, Super-ego), rappresenta la nostra parte divina, l'anima che esiste aldilà del tempo, dello spazio e della materia, l'essenza primaria. Viene spesso rappresentato da due spirali unite o dal segno dell'infinito, l'unione dell'energia femminile e maschile. Viene chiamato anche Dian Y Glas, Dio Blu. Il blu rappresenta lo spirito e si narra che il Sè Profondo apparisse di blu quando veniva visto realmente.

 Nell'ebraismo esoterico e nella cabala il Sè Profondo viene chiamato Neshamah, dalla radice Shmh, che significa sentire o ascoltare. Il Sè Profondo è l'anima che ci ispira e guida, è connesso al Sè Giovane e non direttamente al Sè Parlante. Perciò per comunicare con il Sè Profondo, con il Dio/Dea interiore facciamo ricorso ai simboli, ai rituali, agli archetipi, alla poesia, alla musica, al mito. Il Sè Giovane non viene impressionato dalle parole, vuole vedere, essere sedotto, avvertire sensazioni piacevoli ed euforiche. Solo così è possibile accedere al Sè Profondo. Alcuni aspetti dei rituali della Stregoneria possono sembrare sciocchi, a tutti i praticanti è capitato di chiedersi, durante una celebrazione o un rituale "Perchè faccio questo? Che senso ha? Sono solo gesti". E' il Sè Parlante, razionale e pratico, che interferisce con la sua mentalità un po' rigida e non si rende conto, o non si ricorda, che il rituale è diretto al Sè Giovane. Spesso è l'umorismo la chiave per aprire gli stati di coscienza più profondi, parte del prezzo da pagare, se così si può dire, è abbandonare il senso della dignità d'adulti, tornare bambini, ridere senza motivo, fare un po' gli sciocchi, svestirsi, ballare e cantare senza un filo logico. Quando una bambina fa finta di essere una Regina, la sua sedia diventa un trono, quando è una Strega finge che la sua bacchetta abbia poteri magici, quindi diventa un canale di energia. Ovviamente ci deve essere giudizio, il Sè Parlante non va annientato o fatto tacere, tutto deve rimanere in equilibrio. Fare uso di sostanze stupefacenti o di alcool, altera facilmente lo stato di coscienza ma è anche altrettanto difficile riaffiorare o ricordare a volta ciò che è accaduto, il tutto diventa un'esperienza vissuta solo dal Sè Giovane e non dal Sè Parlante. Una coscienza allenata non si scontra con la realtà quotidiana, è in grado di volare oltre, grazie lo spirito, e ottenere intuizioni e percezioni che potranno poi essere verificate, ricordate e narrate dal Sè Parlante

Fata del Tempo Presente

Giorno per giorno
il tempo passa lento,
i sospiri si susseguono
nell'osservare la folla.

Chi preso dal lavoro,
chi dalla brama di potere,
chi da un amore che finirà
chi dalla noia come me.

Far felice me stessa
prima di tutto e tutti,
spezzare la monotonia
trovando qualcosa da fare.

Dilettiamo un po'
la nostra arte fatata!
Una poesia sto scrivendo ora
per ricever lusinghe.

Parole migliori
non potevo trovare,
che i sorrisi si affaccino
che i complimenti cadano.

Non condannatemi
per la mia vanità
son del tempo presente
non di quel che era o sarà.

Fate Danzanti

Piccole luci nella notte s'alzan volando
la gente s'avvicina pian piano nelle sere
credendo, alla vista, di stare sognando
vedendo allontanarsi incubi e chimere.

Le lucine di tutti i colori fan capriole,
è difficile definirle, forse troppo arcane
per chi non vuol capire ciò che davver duole
per chi sa solo ascoltar e dir parole vane.

Maestose danzan in cerchio le fate
sfiorando con la punta la fresca erba
facendon girotondi, inchini e ballate,
studian il futuro, quel che a lor serba.

Restate incantati a osservar la regina giunta,
i gesti aggraziati, la bellezza in persona,
ma fate silenzio e se il sole spunta
scappare prima che questa diventi vostra padrona.

Passan le notti facendo festa e danzando
toccando talvolta a terra con la punta del piede,
funghi bianchi in circolo stan spuntando
indicando il luogo del ritrovo a chi li vede 

Comare Morte

Un pover’uomo aveva dodici figli e doveva lavorare giorno e notte per poter procurare loro soltanto il pane. Quando venne al mondo il tredicesimo, non sapendo più cosa fare, corse sulla strada per pregare il primo che incontrasse di fare da padrino. Il primo che incontrò fu il buon Dio. Il buon Dio già sapeva cosa gli pesava sul cuore e gli disse: “Pover’uomo, mi fai pena: terrò a battesimo il tuo bambino e provvederò perché sia felice sulla terra.” - “Chi sei?” domandò l’uomo. “Sono il buon Dio.” - “Allora non ti voglio per compare, perché dai tutto ai ricchi e fai patire ai poveri la fame.” Così parlò l’uomo poiché non sapeva con quanta saggezza Iddio dispensi ricchezza e povertà. Volse così le spalle al Signore e proseguì. Gli si avvicinò il diavolo e disse: “Cosa cerchi? Se sarò padrino di tuo figlio, gli darò oro e tutti i piaceri del mondo.” L’uomo domandò: “Chi sei?” - “Sono il diavolo.” - “Allora non ti voglio per compare: tu inganni gli uomini per sedurli,” disse l’uomo, e proseguì. Gli venne incontro la Morte e gli disse: “Prendimi per comare” - “Chi sei?” domandò l’uomo. “Sono la Morte, che fa tutti uguali.” Allora l’uomo disse: “Tu sei giusta: prendi sia il ricco sia il povero senza fare differenze; sarai la mia comare.” La Morte rispose: “Farò diventare tuo figlio ricco e famoso; chi mi ha per amica, non manca di nulla.” Disse l’uomo: “Domenica prossima c’è il battesimo: sii puntuale.” La Morte comparve come aveva promesso e fece da madrina al piccolo.

Quando il ragazzo fu adulto, un bel giorno la comare lo prese con se, lo portò nel bosco e, quando furono soli, gli disse: “Ora avrai il mio regalo di battesimo. Farò di te un medico famoso. Quando sarai chiamato al letto di un ammalato, ti apparirò ogni volta: se sarò accanto al suo capo andrai sul sicuro, gli darai un’erba che ti indicherò e guarirà; ma se mi vedi ai piedi del letto dell’infermo, allora è mio e dovrai dire che ogni rimedio è inutile e che deve morire.” Poi la Morte gli indicò l’erba miracolosa e gli disse: “Guardati dall’usarla contro il mio volere.”

Ben presto il giovane divenne famoso in tutto il mondo. “Gli basta guardare l’ammalato per capire se guarirà o se deve morire.” Così si diceva di lui e la gente accorreva da ogni parte per condurlo dagli ammalati e gli davano tanto oro quanto egli chiedeva, cosicché‚ in poco tempo divenne un uomo ricco. Ora avvenne che anche il re si ammalò, e mandarono a chiamare il medico perché‚ dicesse se doveva morire. Ma quand’egli si avvicinò al letto, vide che la Morte si trovava al capezzale dell’ammalato: non vi era più erba che giovasse. Ma il medico pensò: “Forse per una volta posso ingannare la Morte, e dato che è la mia madrina, non se l’avrà poi tanto a male!” Così prese il re e lo voltò di modo che la Morte venne a trovarsi al suo capo; poi gli diede l’erba e il re si riebbe e guarì. Ma la Morte andò dal medico adirata e con la faccia scura gli disse: “Per questa volta te la passo perché‚ sono la tua madrina, ma se ti azzardi a ingannarmi ancora una volta, ne andrà della tua stessa vita!”

Non molto tempo dopo si ammalò la principessa e nessuno riusciva e guarirla. Il re piangeva giorno e notte da non vederci più; infine fece sapere che chiunque la salvasse dalla morte, sarebbe diventato il suo sposo e l’erede della corona. Quando il medico giunse al letto dell’ammalata, vide la Morte al suo capezzale. Ma pensò alla promessa del re e inoltre la principessa era così bella che egli dimenticò l’ammonimento e, anche se la Morte gli lanciava terribili occhiate, voltò l’ammalata mettendole la testa al posto dei piedi e le diede l’erba, cosicché‚ ella tornò in vita.

Ma la Morte, vedendosi defraudata per la seconda volta di ciò che le spettava, andò dal medico e disse: “Seguimi!” lo afferrò con la sua mano di ghiaccio e lo condusse in una caverna sotterranea, ove si trovavano migliaia e migliaia di luci a perdita d’occhio. Alcune erano grandi, altre medie, altre ancora piccole. A ogni istante alcune si spegnevano e altre si accendevano, di modo che le fiammelle sembravano saltellare qua e là. “Vedi,” disse la Morte, “queste luci sono le vite degli uomini. Le più alte sono dei bambini, le medie dei coniugi nel fiore degli anni, le piccole dei vecchi. Ma a volte anche i bambini e giovani hanno soltanto una piccola candelina. Quando si spegne, la loro vita è alla fine ed essi mi appartengono.” Il medico disse: “Mostrami la mia.” Allora la Morte gli indicò un moccoletto piccolo piccolo che minacciava di spegnersi e disse: “Eccola!” Allora il medico si spaventò e disse: “Ah, cara madrina, accendetene un’altra perché‚ possa godere la mia vita, diventando re e sposo della bella principessa!” - “Non posso,” rispose la Morte, “deve spegnersi una candela prima che se ne accenda un’altra.” - “Allora mettete quella vecchia su di una nuova, che arda subito quando l’altra è finita,” supplicò il medico. Allora la Morte finse di esaudire il suo desiderio, e prese una grande candela nuova. Ma, nel congiungerle, sbagliò volutamente, poiché‚ voleva vendicarsi, e il moccolo cadde e si spense. Subito il medico stramazzò a terra: anch’egli era caduto nelle mani della Morte.


Su internet ho trovato questa versione, l'ho modificata leggermente poichè era stata tradotta malamente. In seguito ad alcuni avvenimenti, ho voluto analizzare questa fiaba, anche se l'argomento potrebbe sembrare un po' macabro!! L’insegnamento che vuole dare questa fiaba,riguarda il giudizio della morte, secondo la quale tutti gli uomini sono uguali. Quando è giunto il momento di abbandonare il proprio corpo, che si sia imperatori, ricchi, poveri o contadini, la Morte, puntuale, si presenta. Per questo motivo viene spesso raffigurata mentre tiene tra le mani una clessidra, la quale simboleggia l’incessante scorrere del tempo. La morte è una figura, per quanto temuta, estremamente equa, oggettivamente non la si può schierare né dalla parte del Male n’è da quella del bene, è sopra ad ogni cosa, a ogni giudizio e ad ogni preghiera. Umanamente però la venuta della Morte viene spesso accolta dal dolore poiché ci priva dell’affetto dei nostri cari, è un salto nel buio, un momento di passaggio obbligatorio dopo il quale non ci è permesso sapere nulla di quello che può accadere. Non ci sono risposte certe, ma solo supposizioni. Può accadere semplicemente che l’energia vitale si dissolva, vi sono persone che credono nella reincarnazione, altre in una vita nuova in un luogo migliore o peggiore, in base alle azioni compiute precedentemente. La Morte è qualcosa che tutti devono affrontare, prima o poi.

Addentranodici maggiormente all’interno di questa fiaba, possiamo notare che il protagonista è l’ultimo figlio nato, il tredicesimo. Nei Tarocchi la tredicesima carta è rappresentata dalla Morte, la quale simboleggia il cambiamento, la trasformazione e la rinascita. Rappresenta lo spirito immortale, la purificazione ma anche il movimento inarrestabile. In alcuni mazzi di tarocchi, nella carta della morte non sono riportati né il numero 13, né la didascalia dell’arcano, considerando la Morte un tabù, qualcosa che è meglio evitare. Al bambino prescelto è stata dunque data la possibilità di capire, osservando un malato relegato nel proprio letto, se questo morirà o meno. Importantissima la posizione della Morte, piuttosto dell’erba della quale non si conosce neanche il nome: se la morte si trova accanto al letto, vicino al capo, il malato potrà guarire, ma se diversamente si troverà ai piedi del letto, non vi sarà scampo. Nella tradizione popolare si sconsiglia di rivolgere il letto in modo che i piedi siano rivolti verso la porta della stanza, è di cattivo auspicio poiché nell’immaginario collettivo la morte entra dalla stanza e ti trascina per i piedi. Tale credenza ha origini antichissime, i romani infatti facevano uscire i propri cari defunti con i piedi in avanti. Chi si pone accanto al letto, fa visita al malato, può aiutarlo nel mettersi seduto, può sistemargli il cuscino, fargli da mangiare e curarlo. Il dottore riesce a ottenere così successo e fama, ma davanti al Re e alla sua adorata figlia, non riesce ad essere equo quanto la Marte e decide quindi di prendersi gioco di Lei. La madrina infuriata, dopo essere stata derubata una seconda volta di un’anima che le spettava, accompagna il proprio figlioccio sotto terra, luogo assegnato alla Morte e alle sue anime in molte culture. Qui vi sono infinite file di ceri di diversa lunghezza che rappresentano le vite di ognuno: alcune si accendono, altre si spengono. In antichità si accendevano dei ceri nella notte per guidare le anime dei propri cari, in particolar modo durante la notte del 31 ottobre e quella del primo novembre, poiché si credeva che in questo periodo il mondo dei vivi e quello dei morti si avvicinino e il velo che li separa si assottigli. Questa pratica viene effettuata ancora oggi, è un gesto naturale quello di accendere una candela vicino alle foto dei propri defunti, in modo da illuminarle, e rivolger loro delle preghiere. La luce della candela, come la vita umana, diventa sempre più fioca fino a quando, inevitabilmente, si spegne. La luce ha anche la particolarità di allontanare gli spiriti maligni e le negatività. Una candela che si spegne all’improvviso è sempre di cattivo auspicio, così come quando la cera che cola, avvolge il cero come un sudario. La fiaba finisce con la morte del medico per mano della Morte la quale, restituendo il favore, si beffa dell’uomo facendogli crede di aver salva la vita.

L'Archetipo della Matrigna

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I personaggi delle fiabe hanno una netta inclinazione al bene o al male, non esistono generalmente mezzi termini. Nelle fiabe la matrigna rappresenta la figura femminile negativa. Poche sono le mamme, se esse si palesano lo fanno all'inizio del racconto per dare vita al vero protagonista della vicenda. La mamma è una figura buona, non è accettabile, nell'inconscio collettivo, una mamma malvagia, è più facile che lo sia una figura che entra solo in un secondo momento nella famiglia, una persona che cerca di appropriarsi di un potere che non le appartiene. La figura paterna è severa ma anche giusta, ascolta la ragione e non si occupa direttamente della crescita dei figli. Come conciliare allora la creazione di una nuova vita e gli atti malvagi? Presto fatto. Alla madre intercede la matrigna, la quale talvolta è anche madre di sangue di quella che sarà la sorellastra, o il fratellastro, del protagonista. In questo caso si scopre nella matrigna la sua dualità: crudele e severa nei confronti del figliastro ma amorevole e accondiscendente nei riguardi dei figli per i quali vuole sempre il meglio. In altre fiabe la figura della madre è presente ma debole, passiva e incolore. Ben altre sono le figure femminili positive.

Il bambino, che dipende totalmente dalla figura materna e non potrebbe mai vivere senza, si ritrova dunque una madre che gli nega la felicità e la serenità famigliare, la matrigna lo sfrutta facendogli fare lavori umilianti e generalmente inutili, lo abbandona, lo allontana dall'amore del padre, lo mortifica e lo maltratta. La matrigna, per il bambino, rappresenta tutti gli atteggiamenti negativi della madre mentrev verso la figliastra più cresciuta, la matrigna ha un atteggiamento simile ma spinto da qualcosa di più: la competizione sessuale. La matrigna di Biancaneve non si limita ad abbandonare la figliastra nel bosco, ma decide di farla uccidere poiché la giovane, ormai indipendente, riuscirebbe a sopravvivere e ritornare. Il cacciatore deve riportare alla matrigna il cuore e il fegato di Biancaneve, essi rappresentano simbolicamente l'amore e la sessualità. La matrigna di Cenerentola, rinchiude la giovane in casa e la veste con stracci, la fa sporcare nella cenere annientando così tutta la sua femminilità. La persecuzione continuerà anche quando la giovane troverà marito, il tutti i modi la matrigna cercherà di sostituirla con una delle sue figlie, più graziate e poco educate. La cattiveria della madre adottiva si ripercuoterà anche nei figli della figliastra, li allontanerà dalla famiglia cercando di far ricadere la colpa sulla giovane madre. In alcune fiabe la suocera può intercedere alla matrigna, anche in questo caso vi è una donna più anziana, gelosa del proprio figlio, che cerca in ogni modo di far cadere delle disgrazie sulla nuora. Se il protagonista della fiaba è un adolescente maschile, non si sconterà con la matrigna, potrò essere abbandonato e allontanato dalla propria famiglia, ma affronterà altri personaggi, ben più temibili, quali la strega o lo stregone malvagio.

La matrigna è una donna che rifiuta i doni della vecchiaia, fugge dal tempo che scorre e rinnega la morte. Non vi è equilibrio in lei, non c'è pace, racchiude dentro di se solo energia distruttiva. Talvolta può riscoprirsi strega, fare uso delle proprie arte magiche, ma a sol scopo di nuocere gli altri e di elevare se stessa, anche con la forza; gli incantesimi però spesso le si ritorcono contro, sono deboli o non hanno l'effetto desiderato, non è in grado di gestire un potere così squilibrato. Rispetto alla strega, la matrigna rappresenta un negativo femminile più terreno e meno magico, si affida alla sua astuzia, all'inganno, ai sotterfugi, alla fiducia mal riposta del marito o del figlio.

mercoledì 24 dicembre 2014

Tradizione Fatata - Storia


Anni fa, parecchi, mi interessai alla Tradition Feri, alla Tradizione Fatata, forse attirata allora più dal nome che da altro, dopo averne letto su La Danza a Spirale. Mi ritrovai a sbattere contro un bel muro appea dopo a un accenno di ricerca sull'argomento: ogni fonte era in inglese, frammentata, quasi nessun testo in lingua e assolutamente nulla scritto in italiano. Per di più è una tradizione che si tramanda sopratutto oralmente e solo agli iniziati. Capii subito che era una tradizione non adatta a me, troppo poetica, troppo estatica e sessuale, termini totalmente nuovi .. troppo complicato per chi stava compiendo i primi passi lungo la Via dell'Arte, come me allora. Qualche giorno fa qualcosa mi disse che dovevo riprendere in mano La Danza a Spirale e rileggerla con occhi nuovi, tornò ad affiorare e ad affascinarmi questa particolare Tradizione con tutti suoi misteri e i suoi segreti. Ho deciso quindi, per quanto mi è possibile, cercare di far conoscere maggiormente questa tradizione. Non sono una cima in inglese, molte notizie sono frammentate e i miei testi non saranno quini totalmente completi e corretti, quindi mi scuso già inizialmente se si casanno delle incongruenze e delle correzioni future. Ma veniamo al dunque, partendo dalla storia della tradizione, dagli esponenti e dai diversi lignaggi che poi, mi auguro, approfondiremo.





Il fondatore della Tradizione Fatata, Faery o Feri Tradition, è Victor H. Anderson (1917-2001), nato il 21 maggio nel Nuovo Messico, figlio di Hilbert e Frances. Victor, divenuto quasi cieco attorno ai due anni, a causa di un incidente, è stato da sempre supportato dalla moglie e amica Cora, donna straordinaria che conobbe durante gli anni scolastici nell'Oregon, il primo maggio del 1944. Si sposarono soltanto due giorni dopo, un'unica anima che ritrovata l'altra parte di sè. Era un uomo di grande cultura, amante della scienza e della fisica, della letteratura e delle lingue tanto da parlarne diverse: spagnolo, greco, latino, creolo, hawaiano e aramaico. Amava lasciarsi trasportare dalla musica e dal canto, dilettandosi con tamburo, armonica e fisarmonica.
Fu iniziato dal Harpy Coven, Congrega delle Arpie, che negli anni venti e lavorò a stretto contatto con le energie della terra, crebbe spiritualmente fino a creare una tradizione legata al piccolo popolo. Il gruppo si sciolse però durante la seconda guerra mondiale e Victor fu praticamente l'erede della conoscenza che è giunta fino ad oggi con l'aggiunta di alcune pratiche della Wicca Alexandriana e Gardneriana, introdotte negli anni 70. In questi anni Victor scrisse una raccolta di poesie, Thorns of the Blood Rose, che venne pubblicata assieme a numerosi articoli, anche sulla Tradizione Fatata, per le riviste Witch Eye, Green Egg e Nemeton. Morì il 20 settembre 2001 nella sua casa, senza alcun dolore, come aveva sempre desiderato.

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Egli era convinto che la Tradizione Fatata nasce da ciò che è sopravvissuto nella tradizione magica e spirituale del piccolo popolo della Gran Bretaglia, Scozia ed altri paesi, ma non faceva alcuna differenza tra le radici della Feri e le forme più primitive della magia umana. Victor esplorò le proprie vite passate, si definiva uno Sciamano Kahuna ma anche un Sacerdote Voudouu, a detta di chi lo ha conosciuto, era capace di scrutare nell'anima del suo interlocutore , descrivendo con precisione ciò che vi si poteva trovare. Nel corso degli anni, Victor tramandò i propri insegnamenti mantenendo una particolare linea filosofica ma adattandola man mano a chi aveva davanti a sè, dando vita a diverse linee pratiche a questa tradizione. 

Victor H. Anderson raccontò di aver conosciuto una donna piccola e scura nel bosco vicino alla sua casa in Oregon, seduta a terra nuda e circondata da diverse ciotole di ottone contenenti delle erbe. Istintivamente si tolse i vestiti e lei, con un atto magico e sessuale, lo iniziò costringendolo da avere una visione in cui poteva vedere perfettamente, nonostante la sua quasi cecità. Nella visione si trovava in un ambiente tropicale, ne percepiva suoni e profumi, il cielo notturno era limpido e pieno di stelle, in cui si stagliava una luna verde. La donna divenne la Dea e dalla giungla emerse un uomo nudo, di bell'aspetto, effeminato e potente, con il fallo eretto e le corna sul capo. Una fiamma blu si irradiava dalla sua testa. La visione poco a poco svanì e la donna lo istruì all'uso rituale di alcune erbe e tisane, lo unse con burro, olio e sale e andò per la sua strada, non dopo avergli detto di essere paziente e di cercare altri come lui. In alcuni racconti Victor disse di essere stato attirato verso la donna dal suono dei tamburi e la descriveva con l'aspetto di una fata. Si pensa che questa esperienza sia frutto di una trance, che fosse reale o meno non la rende comunque meno magica. La Stregoneria, soprattutto nella Tradizione Fatata, è fatta di poesia.

Nel corso del tempo la Tradizione Fatata ha cambiato nome più volte. Cora, nel suo testo Fifty Years in the Feri Tradition, afferma che il primo nome fu di origine italiana, Vicia, la Vecchia. Quindi Fairy che mutò in Faery, Faerie fino a divenir anche Feri. Questo perché questa è una tradizione soprattutto orale, tramandata da persona a persona. Negli anni novanta Victor iniziò a usare il nome "Feri" per contraddistinguere maggiormente questa corrente dalle altre. La parola Feri può essere associata al popolo fatato così come alle parole feroce e selvaggio, attirando l'attenzione su una natura incontaminata e primordiale. La Tradizione Fatata è spesso chiamata come un "sentiero della mano sinistra" che incorpora alcune pratiche che tradizioni più "civili" della magia preferiscono lasciare in pace come sesso e sostanze che alterano la percezione psichica. La Tradizione Fatata è un percorso che utilizza la potenza della trasgressione per aprirsi all'estasi universale. La Tradizione Fatata è fatta più da esperienze energetiche che pratiche specifiche, le stesse pratiche di Victor erano selvaggiamente divergenti anche rispetto a ciò che è considerato Fatato per tradizione. C'è comunque un corpo definito di materiale cresciuto dalle esperienze avute dagli iniziati con gli spiriti e la corrente di potere che sono alla base di questo percorso. Quando uno entra in contatto con questa corrente non è più possibile separarsene.




Brevemente, appartenenti e congreghe della Tradizione Fatata:

Gwydion Pendderwen, iniziato da Victor negli anni 50 e 60, considerato come un figlio adottivo di Victor e Cora, aggiunse, in lingua gallese, molte critiche e spunti di riflessione alle pratiche iniziatiche della corrente. Praticante di Voudu, era principalmente un appassionato e allievo della tradizione celtica e diede alla Tradizione Fatata una certa influenza celtica. Non dovrebbe essere sorprendente sapere che in Irlanda, i praticanti di magia, rituali, metodi popolari di guarigione, sono spesso conosciuti come Medici Fatati. Si credeva che queste persone lavorassero a stretto contatto con il piccolo popolo. Il lavoro di Gwydion era bardico, siamanico e psichedelico, ha iniziato molti altri e la sua stirpe divenne nota come Watchmaker, Orologiai.Morì in un incidente d'auto.


Alison Harlow nata nel 1934 e deceduta nel 2004, iniziata da Gwydion Pendderwen nel 1970, ha fondato i Vanthi, corrente della Tradizione Fatata derivata dalle Ali di Vanthi. Incorpora una varietà di divinità e di spiriti, con una particolare attenzione alle Dee Oscure.

 

Dalla stirpe Vanthi nacque il lignaggio Firedrake, Anatra di Fuoco, fondata da Alison Harlow e la sua iniziata J'te Argent. Come obiettivo principale si pone l'unione personale con gli esseri elementali, un rapporto con gli Dei e la magia connettiva della "Grande Redwoods". J'te insegna nelle montagne di Santa Cruz da casa sua, Dragondale.

Starhawk, famosa scrittrice della Danza a Spirale e altri testi, contribuisce tutt'oggi a diffondere il culto della Dea. Fondatrice negli anni 70 della congrega Compost e iniziatrice della tradizione Reclaiming che unisce spiritualità e coscienza politica e d'azione.


L'artista, autrice, ballerina e Sacerdotessa Feri Anaar, April Niino, fu dichiarata Gran Maestra della Tradizione Fatata nel 2003 da Cora Anderson. Non tutti i lignaggi riconoscono la figura del Gran Maestro o della Grande Maestra, coloro che invece la riconoscono vedono una responsabilità spirituale in contrapposizione a una posizione di autorità. Anaar si concentra sulle arti creative e insegna privatamente nell'area della baia di San Francisco.

Steve Hewell, Eldri Littlewolf e Gabriele Carillo fondarono nel 1970 la congrega Argent Wheel, Ruota Argentata, divenuta poi Korythalia e infine BloodRose, una congrega che ha aperto maggiormente le porte della Tradizione Fatata a un pubblico più ampio di quello che era precedentemente disponibile. La stirpe di BloodRose, Rosa di Sangue, rappresenta probabilmente quello che potrebbe essere la più grande fazione della Tradizione Fatata praticata oggi.

La linea Draconian Pitti-Elven è stata fondata da Brian Dragon, uno dei primi fondatori delle BloodRose, tradizione che si concentra sulle origini Pitti, così come sul disegno da varie fonti di ispirazione tra cui Tolkien e gli scrittori poetici come Jim Morrison.

Alla fine degli anni 80, la congrega Bloodrose fu coinvolta in uno scandalo e alcuni dei membri crearono la Sacred Wheel, la Ruota Sacra, presso l'area della baia di S. Francisco. Dopo alcuni anni il gruppo si sciolse ma era riuscito a far continuare l'esplorazione nel mondo della Tradizione Fatata e a far conoscere al mondo questa corrente spirituale con la diffusione di materiale. Molti di questo gruppo hanno continuato a insegnare e a istruire nuovi iniziati.

Il lignaggio BlueRose, Rosa Blu, deriva dalla BloodRose e dalla Sacred Wheel, e prende gli insegnamenti e le tradizioni anche dallo sciamanesimo, da miti e pratiche folcloristiche-fatate. La BlureRose è un simbolo che è presente in molte culture in ambito mistico e spirituale, così come rappresenta una versione del Dio Blu come Sè Superiore dell'individuo. La Congrega è composta da un cerchio esterno aperto, una scuola intermedia e un sacerdozio interiore, insegnato in prima persona nell'area della baia di San Francisco così come a lunga distanza, da Storm Faerywolf.

Uno dei lignaggi discendenti dalla Sacred Wheel è stata la linea Night Hares, Lepri Notturne, la quale racchiude al suo interno diversi insegnamenti provenienti da BloodRose, da Gwydion Penddarwen, dalla Argent Wheel e ache da alcuni insegnamenti di Victor e Cora, inclusi elementi tibetani e di sciamanesimo.

La Sacerdotessa Valerie Walker, ex membro del Compost e iniziata da Starhawk e poi ri-iniziata alla linea NightHares, ha formato la propria corrente Dust Bunnies, Coniglietti di Polvere, che miscela materiale Feri e linee diverse in un contesto no-profit a San Francisco.

La congrega Mandorla è stata invece fondata dagli iniziati agli insegnamenti di Anderson negli anni 80 e 90, la loro discendenza è conosciuta come Vicia che ricorda una forma precedente della tradizione. Sono un po' differenti, tendono ad avviare prima i membri e poi a formarli, le loro pratiche sono improvvisate e tendono a utilizzare meno gli scritti di alcune forme di tradizione.

Il Lignaggio conosciuto come Blackheart, Cuore Nero, trae le sue origini dalla tradizione Feri nonchè dal materiale Third Road, Terza Strada. E' stata fondata da Karina la quale insegna principalmente in New England e a lunga distanza.

La Third Road è una scuola di Sciamanesimo Fatato fondata dall'iniziata Francesca De Grandis la quale ha preso un po' di pratiche e di tradizioni Fatate e si è concentrata verso la sua personale visione di guarigione e responsabilizzazione, con un'estetica in gran parte celtica.

Jenya Beachy diede vita alla linea Shapeshifter, termine che indica persone o esseri che possono cambiare la loro forma fisica volontariamente. Si basa su azioni corrette, creatività, disciplina, servizio, risate, ptenziate da magia, poesia e saggezza. Jenya insegna nella zona di Santa Cruz e a lunga distanza. 

Altre forme di Tradizione Fatata sono nate dalla rottura netta con il lignaggio iniziato e da quello tradizionale. La Morning Star, Stella del Mattino, era in origine una stirpe Feri fondata da T. Thorn Coyle, autore di Evolutionary Witchcraft, che ora costituisce una tradizione a sè stante nonostante abbia avuto origini da insegnamenti derivanti da Bloodrose, Victor e Cora Anderson.

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