sabato 6 luglio 2024

Incantesimo delle nove erbe

 Il Nigon Wyrta Galdor o, popolarmente, Incantesimo delle nove erbe, è un antico incantesimo di guarigione inglese, un galdor, inteso a curare ferite di qualche tipo. L'incantesimo è registrato in un unico manoscritto comunemente noto oggi come Lacnunga, “rimedi” in inglese antico, che il British Museum data al IX o all'inizio del X secolo. I temi trattati, le erbe e le entità toccati dall’incantesimo, l'animismo, l'enfasi sul numero nove e i multipli di tre, l'invocazione a Wōden, cioè Odino, derivano dalle credenze precristiane dell'antico inglese, più tardi nel folklore germanico.

Secondo R. K. Gordon, studioso inglese dei primi del ‘900 di letteratura inglese medievale e moderna, il poema è sicuramente qualcosa di anticamente pagano che è stato soggetto alla censura cristiana. Malcolm Laurence Cameron, nel suo testo Anglo-Saxon Medicin del 1993, propone un valore psicologico al componimento, sostenendo che cantare l’incantesimo donava ai pazienti un “effetto meravigliosamente incantatorio”.

L’incantesimo, galdor, utilizzato per guarire dal veleno o più genericamente da una malattia e dal dolore, fa riferimento a nove erbe, invocate una ad una come truppe indurite ed esperte. Dopo che l’oratore ha richiamato i suoi alleati e identificato il nemico, ripugnante e feroce come un drago, invoca la divinità Wōden per guidare le sue forze. Usando le erbe annienta il nemico che si è diviso in nove pezzi “volanti”, ognuno con un veleno di un colore diverso. Alcuni argomenti toccati nella poesia sono piuttosto oscuri, come il ruolo del sigillo, ma l'impatto dell'incantesimo è, come hanno notato altri commentatori, ipnotico capace di indurre alla trance.

Si usa il termine “erbe” in modo inappropriato, come vedremo infatti sarebbe bene chiamarle nove piante in quanto nell’elenco viene incluso il melo selvatico. I traduttori usano spesso il prestito " herb" per tradurre la parola nativa inglese antico wyrt nel testo. Wyrt è l'antenato dell'elemento wort, il suo significato è “pianta”, come termine che racchiude tutta la vegetazione. Il sostantivo comune “erba” entra nella lingua inglese molto più tardi, attestato per la prima volta nel XIV secolo durante il periodo inglese medio

  •        Mucgwyrt – Artemisia, Artemisia vulgaris, nel testo è chiamata anche Una
  •        Wegbrade – Piantaggine, Plantago major, Plantago lanceolata e simili
  •        Stune – Cardamine, Cardamine hirsuta, erba conosciuta anche come Crescione, Dentaria
  •        Stiðe – Ortica, Urtica dioica o simili
  •        Attorlaðe – letteralmente “Odiatore di veneli”, Il giovane, Echinochloa crus-galli, Betonica comune, Stachys officinalis, o Viperina, Echium vulgare (Kaldera)
  •        Mægðe – Camomilla, Matricaria chamomilla
  •        Weregulu – Melo selvatico, Malus sylvestris
  •        Fille – Cerfoglio, Anthriscus cerefolium
  •        Finule – Finocchio, Foeniculum vulgare

È possibile che alcuni associno Weregulu all’ortica, Attorlaðe non è stato identificato con certezza, ci sono diverse versioni, leggendo il testo inoltre sembra che vengano richiamate più di nove erbe ma è possibile che una stessa erba venga chiamata in modi differenti. A causa della scarsità di ciò che ci è pervenuto dai documenti in inglese antico, in molti casi i ricercatori hanno poco su cui lavorare quando tentano di identificare con certezza la pianta dietro il nome. Alcuni nomi di piante menzionati sono chiari precursori etimologici dei nomi di piante in inglese moderno, ma altri sono misteri.

Alla fine dell’incantesimo, vengono date istruzioni: prendere le erbe e pestarle fino a polverizzarle, mischiarle con sapone vecchio e succo di mela. Ulteriori istruzioni per preparare e applicare l’unguento, una volta creata la purea di erbe e succo di mela, preparare una pasta di acqua e cenere, bollire il finocchio in questa pasta. L’unguento deve essere applicato sulla ferita dal paziente, ma prima e dopo deve bagnare la ferita con un uovo sbattuto.  Inoltre, l’incantesimo indica di cantare l’incantesimo tre volte per ognuna delle erbe, mela compresa, tre volte prima che il paziente applichi l’unguento. L’incantesimo va cantato nella bocca del paziente e sulla ferita stessa prima dell’applicazione del balsamo, sempre da parte del ferito.

Il poema contiene una delle due menzioni di Odino in antico inglese, l’altra è Maxims I nell’Exeter Book. Nel testo Odino che chiede aiuto alle erbe tramite l’uso da parte sua dei nove rametti, su ognuno dei quali era stata incisa l’iniziale del nome della pianta in caratteri runici. (Mayr-Harting, Henry, The Coming of Christianity to Anglo-Saxon England, 1991, Penn State Press).

Gli incantesimi anglosassoni mischiano magia e medicina, folklore pagano e cristianesimo, scienza e miracolo. Nella filosofia medico-magica degli antichi germani, i serpenti (wyrmas) ed il loro veleno (attor) sono il simbolico della malattia e del dolore. In effetti, molte antiche poesie indoeuropee celebrano la sconfitta dei serpenti o dragoni da parte di divinità o di eroi. Appare qui una fusione o sincretismo tra magia, teologia e folklore germanico pre-cristiano, come ad esempio il serpente inteso come malattia, il sacrificio di se stesso da parte di Odino come sciamano per acquisire il mistero delle rune, ed il mito cristiano, con Cristo sulla croce, la mela ed il serpente nella Bibbia. La distinzione tra Cristo e Odino è oscurata dal riferimento al "signore appeso", apparentemente Cristo sulla croce, ma che richiama il sacrificio di Odino, sé stesso a sé stesso, appeso ad un albero per nove notti e trafitto con la sua stessa emblematica lancia per acquisire la conoscenza dei misteri delle rune (Hávamál 138-9 nell'Edda antica).

Poiché il manoscritto è datato attorno ai X o XI secolo, bisogna considerare le possibili influenze scandinave sull'incantesimo, in quanto esistono pochi racconti di Odino in antico inglese. Bisogna prestare particolare attenzione nell'attribuire qualunque forma di culto nei confronti di Odino ai Sassoni pre-cristiani a causa dell'aspetto "denso di folklore" di questi incantesimi. Ad esempio, molti incantesimi anglosassoni mischiano le preghiere latine con formule in antico inglese e diversi incantesimi contengono versi in greco o antico irlandese, così corrotti da non essere interpretabili. Per questo motivo le stesse preghiere in latino potevano essere difficilmente interpretabili per molti læcas (guaritori, medici) anglosassoni. Tuttavia, Odino appare in numerosi toponimi soprattutto nell'Inghilterra meridionale, ben al di fuori delle aree del Danelaw, che suggeriscono un culto primordiale di Odino in località dell'Inghilterra meridionale prima dell'epoca vichinga.

In una poesia affollata di multipli di tre, tre per tre, nove, in particolare, il numero sette ricorre una sola volta facendo riferimento ai sette mondi, è comprensibile che ci si chieda se una versione precedente della poesia un tempo facesse riferimento a Nove mondi. Tali sono le sfide nel guardare indietro a un mondo da un altro. Altro aspetto importante da considerare è l'argomento delle piante stesse e come venivano viste da una prospettiva animista germanica antica. Il concetto fondamentale dell'animismo è che la vita, in un certo senso, esiste in tutte le cose. Gli antichi popoli germanici si consideravano discendenti degli alberi e le loro credenze e pratiche erano incentrate su boschi sacri e alberi sacri, sembra abbastanza probabile che concepissero le piante in modo molto diverso da come le concepiamo noi oggi.

Il primo uomo e la prima donna, nella mitologia norrena, vengono creati a partire da due alberi, un frassino e un olmo. Ragione per cui essi vengono chiamati Askr ed Embla. In norreno, infatti, askr è il «frassino» ed embla è l'«olmo». Il mito della creazione di Askr ed Embla è tramandato in due fonti: nel poema eddico Vǫluspá e da Snorri nella sua Prose Edda. La differenza più rilevante tra le due fonti riguarda le tre divinità che intervengono nell'operazione antropogonica.

Sappiamo che vi è una triade di dèi responsabile degli atti creativi che avevano dato inizio all'universo. La Vǫluspá parla inizialmente dei «figli di Borr», senza fornire alcuna indicazione sui loro nomi e la loro identità. Più tardi, quando tratta della creazione degli uomini, fa intervenire una triade divina formata da Óðinn, Hǿnir e Lóðurr; i tre dei, mentre tornavano a casa, trovarono in terra un tronco di frassino e un tronco di olmo.

Inglese antico

Gemyne ðu, mugwyrt, hwæt þu ameldodest,

Hwæt þu renadest æt Regenmelde.

Una þu hattest, yldost wyrta.

ðu miht wið þre and wið þritig,

þu miht wiþ attre and wið onflyge,

þu miht wiþ þam laþan ðe geond lond færð.

 

Ond þu, wegbrade, wyrta modor,

Eastan openo, innan mihtigu;

Ofer ðe crætu curran, ofer ðe cwene reodan,

Ofer ðe bryde bryodedon, ofer þe fearras fnærdon.

Eallum þu þon wiðstode and wiðstunedest;

Swa ðu wiðstonde attre and onflyge

And þæm laðan þe geond lond færð.

 

Stune hætte þeos wyrt, heo on stane geweox;

Stond heo wið attre, stunað heo wærce.

Stiðe heo hatte, wiðstunað heo attre,

Wreceð heo wraðan, weorpeð ut attor.


þis is seo wyrt seo wiþ wyrm gefeaht,

þeos mæg wið attre, heo mæg wið onflyge,

Heo mæg wið ðam laþan ðe geond lond færð.

 


Fleoh þu nu, attorlaðe, seo læsse ða maran,

seo mare þa læssan, oððæt him beigra bot sy.

 

Gemyne þu, mægðen, hwæt þu ameldodest,

Hwæt ðu geændadest æt Alorforda;

þæt næfre for gefloge feorh ne gesealde

Syþðan him mon mægðan to mete gegyrede.

 

þis is seo wyrt ðe wergulu hatte;

ðas onsænde seolh ofer sæs hrygc

Ondan attres oþres to bote.

 

Ðas VIIII [m]agon ƿið nygon attrum.

 

Ƿyrm com snican, toslat he nan
ða genam Ƿoden VIIII ƿuldortanas
sloh ða þa næddran þæt heo on VIIII tofleah
Þær geændade æppel and attor
þæt heo næfre ne ƿolde on hus bugan

Fille and finule, felamihtigu twa,

þa wyrte gesceop witig drihten,

Halig on heofonum, þa he hongode;

Sette and sænde on nygon worulde

Earmum and eadigum eallum to bote.

 

Stond heo ƿið ƿærce, stunað heo ƿið attre
seo mæg ƿið III
& wið XXX

ƿið [feondes] hond and ƿið frea b[r]egde
ƿið malscrunge m[a]nra wihta


Nu magon þas nygon wyrta wið nygon wuldorgeflogenum,

Wið nygon attrum and wið nygon onflygnum,

Wið ðy readan attre, wið ðy runlan attre,

Wið ðy hwitan attre, wið ðy wedenan attre,

Wið ðy geolwan attre, wið ðy grenan attre,

Wið ðy wonnan attre, wið ðy rudenan attre,

Wið ðy brunan attre, wið ðy basewan attre,

 

Wið wyrmgeblæd, wið wætergeblæd,

Wið þorngeblæd, wið þystelgeblæd,

Wið ysgeblæd, wið attorgeblæd.

Gif ænig attor cume eastan fleogan
oððe ænig norðan cume
oððe ænig westan ofer ƿerðeode

Crist stod ofer a[dl]e ængan cundes
Ic ana ƿat ea rinnende
þær þa nygon nædran behealdað

 

Motan ealle weoda nu wyrtum aspringan,

Sæs toslupan, eal sealt wæter,

ðonne ic þis attor of ðe geblawe.

 

Mugcwyrt, wegbrade þe eastan open sy, lombescyrse, attorlaðan, mageðan, netelan, wudusuræppel, fille and finule, ealde sapan. Gewyrc ða wyrta to duste, mængc wiþ þa sapan and wiþ þæs æpples gor. Wyrc slypan of wætere and of axsan, genim finol, wyl on þære slyppan and beþe mid æggemongc, þonne he þa sealfe on do, ge ær ge æfter. Sing þæt galdor on ælcre þara wyrta, III ær he hy wyrce and on þone æppel ealswa; ond singe þon men in þone muð and in þa earan buta and on ða wunde þæt ilce gealdor, ær he þa sealfe on do.

               

Traduzione

Ricordati, Artemisia, di ciò che hai portato a termine,

di ciò che hai preparato, a Regenmeld (un luogo).

Una il tuo nome, pianta antichissima.

Ne sconfiggi tre, ne sconfiggi trenta,

sconfiggi il veleno, sconfiggi la malattia dell'aria,

sconfiggi l'orrore che infesta la terra.

 

E tu, Piantaggine, madre delle erbe,

aperta verso oriente, dentro possente:

i carri scricchiolavano su di te, le donne cavalcavano su di te,

su di te le spose urlavano, su di te i tori sbuffavano!

Hai resistito a tutto e hai reagito:

hai resistito al veleno, hai resistito alle malattie dell'aria,

hai resistito all'orrore che viaggia sulla terra.

 

Stune è il nome di questa pianta, colei che cresce sulla pietra:

sconfigge il veleno, elimina il dolore.

Si chiama Stithe, colei che resiste al veleno;

scaccia la malizia, scaccia il dolore.

 

Questa è la pianta che ha combattuto contro il drago,

È potente contro il veleno, è potente contro le malattie dell'aria;

è potente contro l'orrore che viaggia sulla terra.

 

Tu, odiatore di Veleno, vattene ora!

Il minore dal maggiore, il maggiore dal minore,

finché non ci sia un rimedio per entrambi.

 

Ricordati, Camomilla, di ciò che hai fatto accadere,

di ciò che hai compiuto ad Alorford (luogo),

affinché nessuno perdesse la vita a causa della malattia,

poiché per lui era stata preparata la Camomilla.

 

Infine, questa pianta è conosciuta come Wergulu,

che una foca inviò oltre le creste marine

per aiutarla a combattere il veleno.

 

Queste nove piante sconfiggono nove veleni!

 

Un serpente arrivò strisciando, e tuttavia non uccise nessuno,

perché il saggio Wōdan prese nove ramoscelli di gloria

e colpì il serpente, che volò in nove parti!

Lì, la mela vinse il veleno:

Lì, il serpente non avrebbe mai trovato riparo.

 

Fille e Fennel, una coppia potentissima!

Il saggio signore plasmò queste piante,

mentre lui, santo, pendeva nei cieli,

le mandò dai sette mondi, sette età dell'uomo,

per i miseri e i ricchi allo stesso modo.

 

Lei resiste al dolore, lei resiste al veleno,

lei è potente contro tre e contro trenta,

contro la mano del nemico, contro la grande astuzia,

contro la malizia e la magia, degli animali e degli spiriti.

 

Ora possano le nove piante combattere contro i nove veleni,

contro i nove veleni e contro le nove malattie dell'aria,

contro il veleno rosso, contro il veleno che scorre,

contro il veleno bianco, contro il veleno blu,

contro il veleno giallo, contro il veleno verde,

contro il veleno nero, contro il veleno blu,

contro il veleno marrone, contro il veleno viola,

 

contro la vescica del drago, contro la vescica dell'acqua,

contro la vescica della spina, contro la vescica del cardo,

contro la vescica del ghiaccio, contro la vescica del veleno.

 

 

Se un veleno viene volando da est,

o qualcuno viene da nord,

o qualcuno da ovest

Cristo si è fermato sopra ogni tipo di malattia.

Eppure, io solo conosco l'acqua che scorre

dove i nove serpenti sorvegliano.

 

Ora, possano tutte le piante sorgere,

 i mari rifluire, tutta l'acqua salata,

quando soffio via questo veleno da te.

 

Artemisia, Piantaggine aperto a est, lombescyrse, āttorlāðan, Camomilla, Ortica, Mela acida, Fille e Fennel. Vecchio sapone.

 

Preparare e applicare l'unguento: lavorare queste piante fino a ridurle in polvere e mescolarle con la purea di mele. Fare una pasta di acqua e cenere. Prendere il finocchio e mescolare la pianta nella pasta bollente. Bagnare la ferita con un composto di uova sia prima che il paziente applichi l'unguento sia dopo.

 

Cantate il galdor sopra su ciascuna delle nove piante. Cantate il galdor tre volte prima che il paziente si applichi da solo l'unguento, e cantate il galdor tre volte sulla mela. Cantate il galdor nella bocca del paziente, cantate il galdor in ciascuna delle orecchie del paziente, e, prima che il paziente applichi l'unguento, cantate il galdor nella ferita del paziente.


Fonti:
https://www.mimisbrunnr.info/nigon-wyrta-galdor
https://skayler-ulver.blogspot.com/2017/11/lincantesimo-delle-nove-erbe-e.html
https://www.northernshamanism.org/nine-herbs.html

mercoledì 14 febbraio 2024

Lupercali e San Valentino

 Nell’antica Roma, dal 13 al 15 febbraio, si festeggiavano i Lupercali, in onore di Luperco, protettore del bestiame dall’attacco dei lupi, inizialmente identificato con il lupo sacro a Marte, viene successivamente considerato un epiteto di Fauno per essere infine assimilato al dio Pan. Fauno è una delle più antiche divinità italiche, nonché dell'istitutore dei Salii e dei Luperci, le due sodalitates dedicate al culto iniziatico di Marte. Aveva come passatempi cacciare e corteggiare le ninfe. Amava suonare il flauto ed era portatore di istinti sessuali. Il suo aspetto era dalle forme umane, ma con le gambe da capra e le corna sul capo. Plutarco racconta nei dettagli la festa in Vite parallele mentre Dionigi di Alicarnasso, storico vissuto durante il principato di Augusto, la associa al miracoloso ritrovamento e allattamento di Romolo e Remo da parte di una lupa che aveva da poco partorito. I Lupercali venivano infatti celebrati nella grotta Lupercale, posta sul colle romano del Palatino dove, secondo la leggenda, fu fondata la città di Roma. Anche il poeta Properzio accennò al culto di Luperco nella prima elegia del quarto libro delle Elegie, descrivendone in un verso l'origine, risalente a suo dire agli albori dell'Urbe.

Durante la festa dei Lupercali si svolgevano pratiche arcaiche della fertilità, erano feste molto importanti e sentite nell’antica Roma e il mese di febbraio, prima dell’inizio del nuovo anno che cadeva a marzo, era dedicato alla purificazione. Il rituale si ritiene fosse suddiviso in due fasi, la prima delle quali aveva come tema principale il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, si bagnava la fronte dei giovani con del sangue di un caprone sacrificato e poi si puliva con un panno di lana imbevuto di latte. La seconda fase prevedeva la corsa dei luperci i quali, dopo aver sacrificato capre e un cane, rivestivano il loro corpo nudo della pelle di questi e correvano attorno alla base del Palatino, fustigando con delle strisce della medesima pelle il terreno e quelle donne che si offrivano al colpo, per propiziare la fecondità. I luperci erano come lupi nella loro corsa sfrenata intorno al colle e capri nell’infondere la fertilità dell’animale alla terra e alle donne. La corsa dei giovani, ormai stremati, si concludeva quando questi raggiungevano il Foto nella città e attraversavano il più antico arco di Roma, il Tigillum Sororium, un arco ligneo posto vicino agli altari di Giunone Sororia e di Giano Curiazio.


Associazione con San Valentino

Sebbene cadano nello stesso periodo, è errato associare la festa dei Lupercali, festa arcaica antica, antecedente forse anche alla fondazione di Roma che è stata celebrata a lungo, fino al medioevo, con il “moderno” San Valentino che, diversamente da quanto molti pensano, non fu istituita dalla Chiesa per soppiantare i riti pagani associati alla fertilità, all’abbondanza e alla crescita personale. La festa che cade il 14 febbraio comincia ad essere associata all’amore solo nel XIV, in particolar modo in Inghilterra, e solo con Alban Butler, sacerdote e agiografo inglese che visse a metà del Settecento, The Lives of the Fathers, Martyrs and Other Principal Saints, per la prima volta in assoluto, si trova la nozione di San Valentino come festa istituita per sostituire il costume pagano dei Lupercali. L’autore si riferisce alla tradizione di scambiarsi lettere d’amore e d’auguri, consuetudine che è andata a sovrapporsi all’usanza pagana, non attestata, di scrivere su piccoli foglietti il nome della fanciulla che volevano sedurre, facendolo poi bruciare su una pira per infiammare il cuore di lei in una sorta di magia d’amore portata avanti mediante l’invocazione di divinità pagane. Un vescovo che davvero sanzionò piccole “magie d’amore” che venivano portate avanti il 14 febbraio fu san Francesco di Sales a inizio Seicento, prendendosela con un costume dei giovani della zona.

Biglietto di San Valentino - Pennsylvania intorno al 1800.
Rare Book Department, Free Library of Philadelphia


Come festeggiare oggi

Come già scritto, il mese di febbraio era un periodo dedicato alla purificazione, il nome del mese infatti deriva dal latino februare, che significa "purificare" o "un rimedio agli errori". Le giornate si stanno a poco a poco allungando, l’aria è ancora fresca ma il sole pomeridiano riesce a riscaldare la terra, iniziano a sbocciare i primi fiori quali i bucaneve e le primule. È il momento migliore per dedicarsi alla pulizia della casa, di aprire le finestre per far circolare l’aria qualche minuto, di togliere la polvere da tutte le superfici (sì, anche dai lampadari e dai piani più alti dei mobili) e di eliminare o donare le cose vecchie o che non si usano più. Valutiamo anche di purificare l’ambiente a livello energetico, utilizzando dell’incenso, del palo santo o della salvia, posizionando piante e cristalli nei punti più strategici all’interno degli ambienti. Una volta pulito l’ambiente, possiamo dedicarci a noi stessi, concedendoci un bagno rituale caldo e prendendoci cura di noi non solo fisicamente ma anche a livello mentale e spirituale, scegliendo ad esempio di eliminare (o almeno limitare) le cattive abitudini, cucinando pasti sani, bevendo tisane e ritagliandoci del tempo per dedicarsi ai propri hobby, meditare, leggere o rilassarci. In questi giorni, anche se non si ha un compagno o una compagna, possiamo dedicare delle attenzioni a noi stessi, amandoci e apprezzandoci.

Senza cadere nella trappola del consumismo, non è una cattiva idea dedicare un giorno o due all’anno all’amore romantico, d’altra parte l’amore è ciò che fa girare il mondo, un sentimento che suscita emozioni forti, difficile da definire con poche parole, e che ha ispirato ogni genere di artista, dai poeti ai cantanti, dai pittori ai registi di Hollywood. Quindi, che si sia da soli, in coppia o tra amici, si può celebrare l’Amore con una cena abbondante e golosa, prediligendo cibi, salse e vino rosso, alimenti afrodisiaci come avocado, caviale, molluschi, peperoncino, mandorle, fichi, fragole e cioccolato, ma anche latticini e formaggi di capra, come associazione ai Lupercali. Oltre a dedicare attenzioni, anche intime, al proprio o ai propri partner, si può riflettere sulla possibilità di compiere dei riti legati alla fertilità, in particolar modo se si desidera avere dei figli, che siano in carne ed ossa … o meno! Possono essere considerati dei “figli” anche dei progetti importanti che necessitano molte energie e molto tempo, il raggiungimento del successo professionale, la realizzazione delle proprie passioni e via dicendo. 


lunedì 30 gennaio 2023

Gefjon - La seconda luna

Sotto la luna dell'albero di sorbo,
albero di guardia con le tue bacche arancioni,
invoco Gefjon, Madre dei Tori.
Concedimi il coraggio in ogni cosa,
specialmente quando mi trovo da solo,
senza nessuno che mi aiuti,
di fronte a un compito monumentale.
Dammi fiducia nella mia autonomia
affinché non dipenda da altri
che non sono degni della mia fiducia e del mio bisogno.


A differenza di alcuni Dei Asi, Gefjon (in italiano è similmente pronunciabile come Ghefion), chiamata anche Gefjun, ha una sua identità ben definita e compare nella poesia, nell'arte e nella leggenda skaldica come figura indipendente, sebbene sia stata anche associata e confusa con le Dee Frigg e Freya. È una Dea associata alla fertilità del raccolto. Ci sono anche alcune prove che Gefjon fosse invocata in occasione dei giuramenti, con la frase “Sverek vid Gefjon” cioè “Giuro su Gefjon” Il suo nome significa "donatrice" e deriva dal verbo gefa, che significa "dare", con l'ulteriore connotazione "dare in matrimonio". Il nome Gefjon è stato collegato anche a geofon, oceano, mare. Gefjon è associata all'isola danese di Sjælland, ritenuta da alcuni il centro di culto della Dea Nerthus, menzionata da Tacito. Tuttavia, ci sono poche prove che suggeriscono che Gefjon fosse considerata una dea del mare; piuttosto, è più fortemente collegata all'agricoltura e alla terra. La parola per "dono", giefu, è anche il nome di una runa anglosassone, gyfu, gebo, che significa dono, generosità, ospitalità. Nella prima cultura germanica, i concetti di “dono” e di “dare” avevano un significato più profondo e magico di quello che la società contemporanea attribuisce loro: più che un semplice scambio di beni fisici, il dono simboleggiava la fusione delle menti e delle vite di chi lo offriva e di chi lo riceveva, uno stato magico di comunione e ispirazione che si accentuava quando comprendeva scambi tra uomini e divinità. Il dono cementava i legami della società umana, creando vincoli reciproci di interdipendenza, sedando faide e liti senza spargimento di sangue e consentendo a persone e gruppi di parentela indipendenti di lavorare insieme per il bene comune. I doni erano richiesti per suggellare gli affari, solennizzare i matrimoni e ratificare i trattati di pace ed erano necessari per rendere vincolante quasi ogni accordo o cerimonia. Rompere un tale patto una volta stipulato causerebbe una frattura nella stabilità della società stessa e, a livello spirituale, provocherebbe spiacevoli ripercussioni nel ørlög dell'infranto.

Il principio dell'ospitalità.
L'ospitalità, che era considerata un obbligo morale dai popoli del Nord, comprendeva l'aiuto che i viaggiatori senza amici potevano ricevere per sostenersi durante il viaggio. Tra ospite e ospitante esisteva un legame sacro di aiuto reciproco e di pace; fare violenza all'ospite o al padrone di casa era un crimine terribile, che violava le leggi umane e divine. La runa gebo simboleggia anche il rituale e il sacrificio, lo scambio divino di doni tra gli uomini e gli dei che crea un rapporto di parentela e di interdipendenza reciproca. Il rapporto ospite-ospitante e il concetto di dono si manifestano nel principale mito esistente relativo a Gefjon. Questa storia è raccontata due volte da Snorri, all'inizio del Gylfaginning (cap. 1) dell'Edda in prosa e nella Ynglinga saga (cap. 5) dell'Heimskringla. Anche il poeta skaldico Bragi Boddason il Vecchio scrisse diverse strofe sull'evento, dimostrando che la storia doveva essere abbastanza conosciuta. Nella versione eddica, Gylfi, il re di Svezia, è molto divertito da una donna viaggiatrice che soggiorna nella sua sala e, in cambio della sua allegria, le dona un appezzamento di terreno grande quanto lei e quattro buoi possono arare in un giorno e una notte. La donna, che in realtà è la dea Gefjon, porta da Jotunheim i suoi quattro figli, avuti da un gigante. Li trasforma in buoi e con il loro aiuto ara un enorme tratto di terra. La dea procede poi a trascinare il suo premio attraverso l'oceano, dove diventa un'isola lungo la costa della Danimarca. Si dice che quest'isola sia Sjælland, la più grande delle isole danesi e sede della città di Copenaghen. Nel sud-est della Svezia esiste un lago, il lago Malaren (Malar), le cui rientranze si dice corrispondano esattamente ai promontori dell'isola danese. La versione del racconto nell'Heimskringla è sostanzialmente la stessa, con due piccole variazioni. Qui Odino manda Gefjon da Gylfi in cerca di terra, e la dea si reca a Jotunheim per concepire i suoi quattro figli dopo aver accettato il dono di Gylfi. La saga di Ynglinga racconta che, dopo aver conquistato la sua isola, Gefjon sposò il leggendario eroe danese Skjold, re di Leire e figlio di Odino, e con lui fondò la razza reale danese, chiamata Scylding in suo onore. Si sa che Gefjon aveva un santuario o un luogo di sacrificio a Leire, e ci sono diversi altri toponimi in Danimarca che potrebbero derivare dal suo nome.


Gefjon, Dea della fertilità.
A causa del mito di Gylfi, Gefjon ha un forte legame con l'agricoltura e in particolare con l'aratura. Sono state trovate incisioni dell'epoca vichinga che mostrano una donna, che si presume essere Gefjon, con il suo aratro e quattro buoi. Il suo legame con i buoi o i tori fa pensare a una divinità della fertilità, anche se nel suo caso si trattava specificamente della fertilità del suolo. Potrebbe essere stata associata a rituali di benedizione dell'aratro, come l'antico incantesimo anglosassone per rendere fertile la terra, un incantesimo poco cristianizzato eseguito quando si ara il primo solco della stagione, che include la seguente invocazione:

Erce, Erce, Erce, la Madre Terra,
possa l'Eterno Signore onnipotente
concederci campi per aumentare e prosperare,
campi fertili e sani,
brillante raccolta di alberi di miglio,
ampie raccolte di orzo ...
Salute a te, Madre degli uomini!
Sii feconda ora nell'abbraccio di Dio,
Sii piena di cibo per l'uso degli uomini.

Tale preghiera veniva recitata quando i campi erano stati arati prima in primavera - Æcerbot - Charming del Plough. Un rito di fecondità registrato nell’11° secolo, destinato a porre rimedio ai campi che avevano prodotto pochi frutti. Il rituale prevede una parte cristianizzata della cerimonia, dove si raccoglievano quattro zolle erbose del campo, nei quattro buchi si versa un intruglio preparato con lievito, miele, olio, e latte mescolato con le erbe più floride, affinché questo potesse appunto salvare le altre piante.
La cristianizzazione di tale rito è da imputarsi alla parte che prevede che una volta raccolte le zolle si conservavano fino a sera e si incideva su queste una croce prima di riporle dove si erano scavate. Ne esistono in ogni caso diverse versioni e gli studiosi concordano che sicuramente è un rito di origine pre-cristiana. In esso, il Dio cristiano è assimilato a un classico pagana ruolo indo-europea: il dio del cielo che fertilizza la dea terra negli Ierogamia (matrimonio divino).
L'officiante si rivolgeva ad Est, dove si innalza il sole, e girando per tre volte in senso orario invocava il custode stano dei cieli perché riempisse la terra col le culture desiderate. L'aratro veniva benedetto e strofinato con varie erbe e con tutti i tipi di semi che sarebbero stati piantati durante la semina di quell'anno. Poi l'aratro veniva portato nei campi e usato per tracciare il primo solco rituale.

Il bue e il suo simbolismo.
Il bue è l’animale domestico per eccellenza, simbolo della capacità dell’uomo di padroneggiare sulle forze della natura, incarna il dominio sulla irrazionalità, il calmo lavoro, la capacità di produrre attraverso il sacrificio, l’affermarsi della civiltà. Il bue, come fonte di cibo diretta e indiretta, incarna la ricchezza, una ricchezza che talvolta richiama l’età dell’oro, quando ancora i giganti non minacciavano la fecondità della terra. Ricordiamo il nome dell’antico bue Himinhrjòtr, “quello che torreggia il cielo” o forse “quello che devasta e arrossa il cielo”, il più grande esemplare della mandria del gigante Hymir, ucciso da Thor il quale ne fa esca per tentare di catturare il serpente cosmico che giace nell’oceano. Il colore nero del pelame dei buoi dei giganti ricorda la malvagità dei padroni, in una saga si dice che alcuni buoi, che avevano trasportato il cadavere di un essere malvagio, erano stati cavalcati da streghe. Riporto anche una connessione che pare esistere tra il bue e l’aquila, presente nel racconto di Snorri riferito al rapimento di Idunn: il gigante Pjazi, in forma d’aquila, pretende di prender parte al banchetto degli dei che stanno cucinando un bue. Tale connessione è confermata nel carme in cui è detto esplicitamente “spesso indica i buoi il sognare l’aquila”. Il mito indica il tentativo dei giganti, simboleggiati dall’aquila, di impadronirsi di ciò che è emblema di ricchezza e fecondità.

Accostamento a Freya e Frigg.
De Vries ipotizza che Gefjon e Thor possano essere stati venerati insieme in Danimarca come divinità della fertilità, vista la presenza di alcuni toponimi di Thor nelle vicinanze che si pensa siano collegati a Gefjon. Tuttavia, questi stessi toponimi potrebbero anche essere legati a Freyja, uno dei cui nomi, Gefn, deriva dalla stessa radice di Gefjon. Entrambe le Dee sono in possesso di un gioiello, citato nel Lokasenna (st. 20):

Disse Loki:
Taci, Gefjon
ora racconterò dicolui che
al piacere del sesso ti sedusse:
quel bianco cavalier che ti offrì un gioiello
e a cui ti apristi le gambe.

Disse Odino:
Sei pazzo, Loki, e malato
se susciti l’ira di Gefjon,
poiché io credo che tutti i destini
ella conosca bene quanto me.

Questo contraddice l'idea comune che Gefjon sia vergine, che deriva dalla descrizione che Snorri fa di lei: egli afferma inoltre che tutte le donne che muoiono fanciulle la assistono nell'aldilà. Tale affermazione è facilmente smentita, se si pensa ai quattro figli della Dea! Si può dire al massimo che le giovani donne tra la pubertà e il matrimonio simboleggino il potenziale, e l'associazione di Gefjon con loro potrebbe essere parte della sua funzione di fertilità. In una saga una ragazza che si oppone al culto fallico venerato dalla sua famiglia invoca Gefjon.
Importante è anche la risposta di Odino a Loki: afferma che Gefjon conosce il destino delle persone tanto quanto lui, ciò riecheggia un altro verso in cui si dice quasi la stessa cosa di Frigg, la quale conosce il destino ma nulla rivela. L'immagine di Gefjon e del suo aratro ricorda la Dea Berchta, che veniva spesso raffigurata mentre viaggiava per le campagne con il suo aratro e che si pensava assicurasse la fertilità dei raccolti. Anche in questo caso, tale figura viene spesso accostata a Frigg.

Caratteristiche fisiche e caratteriali.
Gefjon può essere vista come una donna forte e vigorosa, nel fiore dei suoi trent'anni. Solare, dai capelli folti, biondi o rossicci, lasciati sciolti sulle spalle o legati dietro alla nuca in modo semplice. Le braccia sono nude e abbronzate, forti e robuste, con le maniche arrotolate oltre i gomiti. È una dea legata alla Terra e ne ama i frutti, è allegra e gioviale, orgogliosa dei suoi figli che sono i suoi gioielli! Il suo simbolo è l'aratro ed è la patrona delle donne e degli uomini che lavorano sodo e si impegnano ogni giorno, è in grado di gestire gli elementi del caos e di sottometterli al suo volere, non ha paura del lavoro sporco. Insegna alle donne a saper trattare con gli uomini, a conoscere sé stesse, a prendersi cura di sé e a diventare donne, non ragazze. Gefjon si trova a suo agio anche con gli uomini, ovviamente, con cui è in grado di competere alla pari. Gefjon, con la sua indipendenza e sicurezza, sembra una figura eccellente per le donne che lavorano e vivono per conto proprio. Soprattutto oggi, quando molte donne vivono da sole, lottano con la maternità o lavorano in vari settori, Gefjon è un nobile esempio. Non solo ha fatto bene il suo lavoro, ma ha anche negoziato un salario di qualità. Sebbene sia storicamente legata all'agricoltura, può essere invocata per ottenere aiuto in qualsiasi tipo di lavoro onesto da persone di entrambi i sessi. Sarebbe forse una buona divinità da invocare quando si cerca un lavoro o quando si cerca un salario decente o un aumento. Per le donne, è particolarmente pronta a prestare la sua forza e la sua astuzia. Gefjon può essere invocata anche nei rituali che coinvolgono le giovani donne, come i riti di passaggio alla pubertà. Potrebbe anche essere coinvolta nei lavori per proteggere le donne e le ragazze da un coinvolgimento prematuro o indesiderato con gli uomini.

Rituali e altare.
Un altare dedicato alla Dea Gefjon può essere ricoperto di un telo giallo, arancione o marrone, qualsiasi colore indicativo della coltivazione. Come ornamenti ovviamente possono essere utilizzati frutta e ortaggi, spighe di grano e cereali, una zolla di terra, attrezzi (per lo più miniature) di strumenti legati all'agricoltura al lavoro. Animali simbolo di questa Dea sono il bue, la bufala, il toro, la vacca. Ideale sarebbe poter effettuare un rituale con questa Dea nei pressi di un campo coltivato. I pasti associati a Gefjon sono abbondanti, calorici, contadini, non particolarmente elaborati, da mangiare anche senza posate! Ovviamente il manzo è da evitare. Attività che si possono svolgere in suo onore: andare a visitare o ancora meglio lavorare in una fattoria, fare lavori manuali, una passeggiata all’aperto, acquistare prodotti da agricoltori locali, abbandonare la macchina e utilizzare un mezzo di trasporto più ecologico.
Gefjon è molto laboriosa, preparatevi a dichiarare quali passi intendete compiere per assicurarvi il successo nel lavoro per cui chiedete aiuto, e a lavorare sodo per portare a termine i vostri obiettivi, con l'aiuto della fortuna aggiunta dalla dea. La Dea può essere invocata per questioni legate al successo, alla realizzazione dei tuoi sogni, al superamento delle battute d'arresto, per avviare un'attività in proprio, per aver maggior pazienza e testardaggine, per il sostegno delle comunità femminili. Offre inoltre aiuto nell'affrontare la discriminazione razziale, l'integrazione in un nuovo gruppo sociale o in un posto di lavoro. È anche bene invocarla quando si ha un rapporto difficile con il cibo. Di seguito alcune invocazioni:

⌘ Invocazione di Gefjon
Hail Gefjon, Dea delle fanciulle;
conosci il destino è stato stabilito per tutti,
come come Odino il saggio.
Gefjon ha attinto con gioia da Gylfi
della terra scura da donare alla Danimarca.
I robusti buoi grondavano di sudore,
otto occhi scuri spalancati come come lune,
quattro impavide bestie del solco.
Trascinarono la bella isola,
presa come premio dalla Svezia.
Hail Dea ridente, gioia degli uomini della sala dell'idromele!
Hail Gefjon dalla gamba bianca,
il cui favore conquista l'oro di qualità
e campi belli e fruttuosi!
Hail quattro figli del gigante, portatori dell'aratro!
Hail Dea delle donne sole,
Signora dell'astuzia, del coraggio e del sudore,
il gioiello che porti è il tuo stesso forte cuore.
Concedici coraggio, forza e gioia,
benedici i nostri aratri mentre spezziamo le verdi ossa di Jord
e richiama i frutti splendenti.
Benedici il nostro mare e la nostra terra, bella Padrona di Sjælland
e creatrice del lago Malar.
Hail Gefjon! Vieni!


⌘ Preghiera alle Antenate e a Gefjon, per la donna che deve affrontare l’ingiusto maschilismo.
Da sempre ingiusto, il destino dalla parte delle donne,
arate a loro piacimento, messe in ginocchio.
Madri, vi prego, datemi la forza in questo giorno,
per lavare via la mia vergogna, per mantenermi sana di mente.
I forti si macchiano di potere,
il mio potere sta negli occhi che cedono.
Come nella canna si piega, per non rompersi mai,
loro vedono la sconfitta, ma non è reale.
Sono viva, per il bene di qualcuno,
farò tutto ciò che serve.
Questa stronza vincerà, lasciate che i galli combattano,
Fino a quando non scompariranno dalla mia vista.


 Invocazione per il trionfo
Gefjon dell'aratro marrone,
che io possa essere ferma, lavorando per ciò che voglio.
Gefjon dei verdi accordi,
che io possa essere astuta, scambiando equamente per ciò che mi serve.
Gefjon delle biance campane,
che io possa danzare via le mie preoccupazioni, restando fedele a ciò che sono.
Che io possa sempre lottare per i miei obiettivi e i miei sogni!
Chi dice che non si può fare, si faccia un giro!
O gli farò sentire l'odore dei miei piedi, e loro sverranno!


 Invocazione per l’autosufficienza
Hail, fanciulla dell'autonomia!
Tu che ci ricordi
che non c'è bisogno degli altri per esistere,
che il proprio destino è separato da tutti gli altri,
che alla fine di tutto, ognuno di noi è solo davanti alla resa dei conti.
Tu che consolate i non sposati,
ricordando loro che la convivenza
non è l'unico modo di vivere la vita,
ricordacelo, quando ci sentiamo più soli,
che essere soli non è sempre una maledizione,
e che la fiducia in sé stessi può essere una benedizione.


⌘ Questa Luna Piena è conosciuta come la Luna Immacolata o Luna dell'Orso, o delle Oche, ha il potere della purezza, dell' innocenza e della gioia. Parla al fanciullo che è dentro di noi, ricordo di un tempo quando la vita era semplice, quando il sorriso era prezioso e ogni cosa sembrava possibile. Le giornate si stanno poco a poco allungando, il sole scalda maggiormente la nostra pelle quando fa capolino tra le nubi, il nostro corpo percepisce che la primavera, anche se ancora lontana, si sta avvicinando poco a poco e abbiamo voglia di vivere, di rinascere e divertirci. Le barriere si piegano e cedono, e i nostri obbiettivi personali diventano raggiungibili. La Luna Immacolata ci offre l'opportunità di eliminare ciò che è vecchio e inutile.

I miti nordici – Gianna Chiesa Isnardi
http://www.northernpaganism.org/
https://lofnbard.wordpress.com/stories/

lunedì 23 gennaio 2023

Calendario runico

Qualche tempo fa mi sono imbattuta casualmente in un calendario runico e ne sono rimasta affascinata. Ho iniziato a fare qualche ricerca, che riporto qua sotto in un modo molto riassuntivo, poiché son stati fatti studi ben più approfonditi! Mi piacerebbe poterne realizzare uno personalizzato, non è semplicissimo, ma una volta compreso il calcolo da effettuare per realizzarlo, si ha uno strumento che è possibile utilizzare per parecchi anni!

I calendari runici, chiamati anche doghe runiche, non sono un'antica invenzione norrena ma piuttosto risalgono al periodo medioevale svedese. Sono scritti su pergamena o intagliati su doghe di legno, osso o corno, e sono calendari perpetui basati su cicli lunari di 19 anni. Una volta realizzati quindi possono essere utilizzati per lunghi periodi. Ciascun ciclo era contraddistinto da rune o "numeri dorati": 16 rune del Fuþark più tre rune aggiuntive, appunti i così detti numeri dorati: Arlaug 17, Tvimadur 18 e Belgthor 19.

I giorni dell'anno sono disposti su una lunga linea, vi sono 52 ripetizioni delle prime sette rune del Fuþark recente per rappresentare 52 settimane di 7 giorni ciascuna. Su una seconda linea, una delle 19 rune rappresentanti gli anni del ciclo segna delle date, indicando che la luna nuova è caduta in tale data durante quell'anno. Solstizi, equinozi, celebrazioni e particolari date importanti sono segnate sul calendario con linee o simboli addizionali. La prima luna piena segnava anche la data del Disting , una festa pagana, e il giorno del Thing, un assemblea governativa che si svolge alla fine di febbraio o all'inizio di marzo, in concomitanza con una grande fiera e il Dísablót, una celebrazione.

Il più vecchio almanacco runico, la "doga di Nyköping", è stato datato al XIII secolo, ma la maggior parte delle diverse migliaia di calendari di legno risalgono al XVI e XVII secolo. Durante il XVIII secolo i calendari runici ebbero un rinascimento e attorno al 1800 venivano fabbricati in forma di scatole da tabacco in ottone. 

Un primstav è l'antico bastone del calendario norvegese. Questi erano incisi con immagini invece di rune. Le immagini raffiguravano le diverse festività religiose non mobili. Il primstav più antico ancora esistente risale al 1457 ed è esposto al Norsk Folkemuseum.


Quasi tutti gli anniversari si riferiscono alla festa di un santo; nella maggior parte dei casi è il giorno del decesso in questione del fine settimana. Esempi tipici sono l' ascia di Olav, la macina di Hallvard  la grata di Laurentius e la chiave di Pietro. Diverse varietà di croci sono ampiamente utilizzate. Un albero è il simbolo più comune dei giorni di festa della Vergine Maria ed è anche un simbolo comune di altri anniversari. I simboli più correnti nella produzione standard relativa in particolare ai tipi runici “a bastone”, “a spada” e più corto “a tavola” si rivelano una croce ☩ per le festività solenni del calendario ecclesiastico, una mezza croce (priva cioè di uno dei bracci laterali) per quelle meno solenni, una croce cerchiata per le feste mariane ⊕, e una Fehu per le vigilie delle celebrazioni più importanti, a marcare il digiuno. Erano indicati anche i giorni nefasti con un simbolo che ricorda un chiodo.


Fonti: Wikipedia, https://snl.no/primstav
Libri runici del computo di Carla Cucina

mercoledì 27 gennaio 2021

Fulla - La prima luna

Sotto la Luna dell’albero della Betulla,
bianco alberello di Frigg,
prego la sua più cara sorella Fulla,
Signora dell’abbondanza in tutte le cose.
Come la Betulla avanza nel campo bruciato
Signora, riempi la mia vita con nuova vita, con nuova crescita,
scaturita dalle ceneri delle mie perdite.
Lasciami credere che ci sarà sempre
abbastanza per andare in giro, abbastanza da condividere
qualsiasi cosa sia importante nel mondo.


La prima Luna dell’anno è dedicata alla Dea Fulla, anche chiamata Folla, Volla, Fylla, appare come una delle dee più vicino a Frigg e sembra avere un’esistenza ben definita rispetto ad altri Dei, e vi sono dunque molti più materiali da consultare per poterla conoscere. Questa Dea è la personificazione della terra fertile, rigogliosa, traboccante di vita e ricca di frutti, della gioia, del divertimento, è la Dea dei segreti sussurrati all’orecchio, dell’amore tra le donne, che siano esse sorelle o amiche.

Il suo nome, Fulla, in antico norvegese vuol dire forse "generoso", mentre Volla, in antico alto tedesco , significa “pieno” o “pienezza”, entrambi i termini fanno riferimento all’abbondanza. La parola “pieno” era anche il termine usato per il blót, o rituale, o per coppa, tazza. Fulla è citata da Snorri come la quinta dea Aesir e appare in molti miti come Dea seduta, tra altri Dei, come giudice nei posti più in alto nella grande sala di Asgard. Come molti altri Asynjur, Fulla è descritta come un'ancella di Frigg; tuttavia, sembra essere la più costante, la favorita, la compagna più intima, una specie di damigella d'onore della Regina. Nel "Second Merseburg Charm", Volla (Fulla) è citata come sorella di Frija (Frigg). Grimm ipotizza che Fulla potrebbe essere stata associata alla luna piena, sia perché il suo nome è simile alla parola gotica fulliþs e al lituano Pilnatis (tempo pieno), inoltre è bene ricordare che Frigg è spesso collegata con la costellazione di Orione. Inoltre, Frija e Volla sono seguite nel fascino da un'altra coppia di dee, Sunna, Dea che rappresenta simbolicamente il Sole, e sua sorella Sindgund. Tuttavia, questo ragionamento sembra un po' forzato, se pensiamo alla luna come una divinità maschile nella mitologia germanica.

Fulla è descritta come una vergine, con lunghi capelli dorati lasciati sciolti sulle spalle e adornati in capo da una fascia dorata. In effetti, una delle parafrasi skaldiche per l'oro era "snood of Fulla"(Skáldskaparmál, 32). I capelli non intrecciati ci indicano lo status di Fulla come fanciulla: infatti, nella vecchia società norvegese, le ragazze non sposate infatti portavano i capelli sciolti. La fascia d'oro è un segno di nobiltà. Come Sif, la moglie di Thor, Fulla ha dei capelli fluenti che possono essere visti come simbolo del grano che matura, l'oro rappresenta il legame con i covoni del raccolto. In questa veste, Fulla rappresenta la pienezza e la generosità della terra. Grimm la paragona alla figura femminile tedesca di fertilità Dame Habonde, o Abundia. De Vries la vede semplicemente come la personificazione dell'idea astratta di dispensare
prosperità, basata su modelli romani, anche se la Scandinavia era lontana e meno influenzata dalle idee classiche rispetto all'Europa continentale e alla Gran Bretagna. È più probabile che lei fosse originariamente una divinità della fertilità o agricola.

Il ruolo principale di Fulla sembra essere quello di accompagnatrice, confidente e consulente di Frigg. Fulla ha la custodia dello scrigno della Regina, del cofanetto in legno di frassino degli Aesir, il quale, presumibilmente, contenente gioielli e altri tesori. Mitologicamente, tuttavia, questo cofanetto potrebbe simboleggiare il contenitore delle benedizioni, prosperità e fertilità della madre divina, e Fulla sarebbe quindi l'unica incaricata di preservare questo potere fino a quando Frigg è pronta a dispensarlo.
Si dice anche che Fulla sia responsabile delle scarpe di Frigg: in passato le scarpe erano rare e costose, tanto da essere un simbolo di ricchezza e prestigio come lo erano i gioielli o panni pregiati. Il piede ha connotazioni di fertilità. Il piede tradizionalmente aveva un importante significato simbolico nel folklore germanico e celtico; ad esempio, il termine "piede" era spesso usato simbolicamente per indicare il pene e quindi la fertilità e la prosperità. Anche le calzature potrebbero significare viaggiare e i viaggi; in effetti Fulla è spesso vista come la messaggera di Frigg in un certo numero di miti. 

Come aiutante di Frigg, Fulla è simile a Loki nel suo ruolo di aiutante di Odino come compagno negli inganni. Fulla è una Dea di alto rango. Questo è implicito nella sua inclusione con altri Dei in occasioni importanti. Per esempio, è nominata tra gli otto giudici Aesir nello Skáldskaparmál (capitolo 1) nell'Edda di prosa. Tra i vari miti legati a Fulla, ve ne voglio raccontare uno meno conosciuto. Nel "Secondo fascino di Merseburg" della mitologia germanica, lei è in coppia con sua sorella Frija, moglie del capo degli Aesir, ed è tra quelli chiamati a cercare di curare il puledro di Balder. L'incantesimo descrive di Phol e Wodan (Odino) che cavalcavano in un bosco, lì il puledro di Balder si slogò il piede. Sinthgunt ha antà i suoi incantesimi, cosa che fecero anche sua sorella Sunna, Friia e sua sorella Volla e infine Wodan, seguiti da un verso che descrive la guarigione dell'osso del puledro. Il fascino recita:

Phol e Wodan sono andati nella foresta.
Poi il cavallo di Balder si slogò il piede.
Poi Sinthgunt cantò incantesimi e Sunna sua sorella;
Poi Friia cantò incantesimi e Volla sua sorella;
Quindi Wodan cantò incantesimi, come poteva benissimo fare:
la distorsione alle ossa, la distorsione al sangue, la distorsione agli arti,
da osso a osso, da sangue a sangue,
arto per arto, così siano incollati insieme.

Hilda Ellis Davidson afferma che le dee Gefjun, Gerðr, Fulla e Skaði "possono rappresentare importanti dee dei primi tempi nel Nord, ma poco si ricordava di loro quando Snorri stava raccogliendo il suo materiale". D'altra parte, Davidson osserva che è anche possibile che queste dee siano visualizzabili come aspetti di una singola Grande Dea. Davidson chiama Fulla e Volla "figure vaghe e incerte, emergenti da strani riferimenti a dee che Snorri ha notato nei poeti, ma suggeriscono la possibilità che un tempo tre generazioni fossero rappresentate tra le dee della fertilità e del raccolto in Scandinavia".
In ogni caso, Fulla era considerata strettamente connessa a Frigg e abbastanza importante da essere invocata insieme a lei nelle richieste d'aiuto e per essere ugualmente onorata con un regalo.

Fulla può esser vista come piccola, rotonda, prosperosa, solida. I suoi capelli sono biondi, le sue guance rosse, vestita di colori rosati, è luminosa, profumata, energica, vivace. Può esibire soprattutto i tratti della lealtà, di supporto, generosità, amicizia e sorellanza, che sono ben attesi dalla lettura dei miti, ma anche una grande quantità di vitalità, e divertimento. Sembra essere il miglior archetipo di "ragazza" e particolarmente devoto alle donne e alle loro amicizie. Anche se lei appare esteriormente fanciullesca, frivola e amante del divertimento, c'era una sottocorrente di potere, una capacità di manifestare e gestire le cose, e il lato nascosto di segreti che vengono rivelati solo in brevi scorci.
Fulla sembra non essere né lontana né ostile agli uomini, ma particolarmente preoccupata per le donne e le loro relazioni con altre donne, come sorelle e amiche; questo integra il ruolo di Frigg come moglie e madre. Fulla è la migliore amica, sempre pronta ad aiutare, a scambiare i segreti, a discutere di relazioni amorose e obiettivi di vita, e condividere del buon tempo. 
È la parte di ogni donna che rimane giovane ed è l'individuo che si sovrappone alla personalità originale, nonostante i molti altri ruoli e responsabilità creati dagli obblighi familiari e lavorativi.
Nel suo ruolo di confidente, di fedele membro della famiglia e abile stratega, Fulla è una buona fonte di consulenza e aiuto su varie imprese, particolarmente dove sono coinvolti astuzia e sottigliezza. Come messaggero e consigliere di Frigg, è brava ad arruolarsi come emissario della regina degli Aesir. Come un "deposito" di vari segreti e pettegolezzi cosmologici, Fulla è una preziosa fonte di saggezza e illuminazione. Potrebbe anche essere d'aiuto nel migliorare la propria apparenza fisica e negli eventi sociali come dare feste, cene, o altri raduni, oltre ad iniezioni di divertimento e piacere nella propria vita in generale.

Invocazione della Dea Fulla

Saggia Dea, amica veloce di Frigg,
alto a te il mio corno!
Custode dei segreti, custode dei misteri,
Curatrice di tutta la ricchezza da scoprire,
Ti lodo per la tua saggezza,
Compagna fidata della Madre di ogni cosa,
Dea potente nel vostro diritto (?)
Ti saluto!
Rimuovi misteri all’interno della mia stessa anima,
nutri i tesori dentro di me.
Insegnami a trovare la forza dentro me stessa,
e a mantenere salda la mia forza nascosta.
Non parlare delle mie debolezze,
della fatica che compio per superarle,
così come Lei non parla dei piani della Madre di ogni cosa.
Hail Fulla, Dea delle Pietre!

⌘ Un altare dedicato a Fulla è essere decorato con colori vivaci, come il rosa, il blu brillante, il verde foglia e soprattutto l’oro. Sull’altare possono essere posati i propri gioielli più preziosi e significativi, fiori, frutta soprattutto mele, pane e cereali. Si potrebbe portare i capelli sciolti decorandoli con un cerchietto d'oro, un nastro o una banda come quello di Fulla, o mettere un cerchietto sull'altare come un simbolo per la dea. La musica, le canzoni, i balli, i giochi e altri divertimenti sono piacevoli per Fulla e in armonia con il suo carattere: questi possono essere inclusi durante il rituale. Sull'altare si possono mettere anche foto di donne parenti o amiche o indossare gioielli regalati o vestiti dati dalle donne della tua vita. Si può realizzare per l’occasione uno scrigno con la creta o comprarne uno già fatto, di proprio gradimento, dover custodire i propri gioielli rituali o oggetti a cui si è particolarmente legati.

⌘ Durante la celebrazione passate del tempo a pensare al legame che avete con i vostri amici, con i fratelli e le sorelle. Fulla può essere invocata come tramite per intercedere con Frigg, può aiutare e favorire il contatto, per promuovere un raccolto prospero nei vari campi della vita, e per avviare o approfondire le amicizie, in particolare con le donne e soprattutto tra le donne. È un ottimo periodo anche per consolidare una relazione già buona.  

⌘ Un semplice incantesimo per rafforzare l’amicizia consiste nella realizzazione di una piccola “bottiglia della strega”: durante il rituale, all’interno di una bottiglietta di vetro inserite acqua, fiori, basilico miele e un foglietto con il proprio nome e quello della propria sorella. Si invocano Fulla e Frigg chiedendo alle Dee la benedizione di un’unione forte come quella che c’è tra le due Dee, quindi, una volta conclusa la celebrazione, si seppellisce la bottiglia in un luogo sicuro.

⌘ Questo è un ottimo periodo per dedicarsi alla cerchia ristretta della famiglia e degli amici. Lavorando da soli o in gruppo ci si può concentrare sull’aiutare chi si trovi in difficoltà. La Luna Piena può aiutarci a trovare a infondere nella famiglia spirito di solidarietà, amore e mutuo interesse, piacevolezza della compagnia. Chi non ha famiglia può dedicare le sue attenzioni ai vecchi e più cari amici. Non dimentichiamo che non sempre gli appartenenti alla stessa famiglia nascono sotto lo stesso tetto e che esistono anche le famiglie spirituali.

⌘ Questa Luna Piena è conosciuta come la Luna del Lupo che ricorda come, nei freddi e nevosi inverni, i branchi di lupi si avvicinassero maggiormente ai villaggi, in cerca di cibo, e facessero risuonare il loro ululato nelle notti di luna piena. Il lupo ha un forte senso di partecipazione all'interno del branco e di protezione, ma al tempo stesso vive una forte individualità e ogni individuo possiede una personalità accentuata. Simbolo di maternità e di unità familiare è principalmente un maestro che insegna a capire le relazioni profonde che uniscono ogni uomo con i suoi simili e con tutti gli esseri viventi che popolano la Terra.
 Altre associazioni ricorrenti di questa Luna sono frequenti con alberi come l'ontano o la betulla, con profumi come muschio e mimosa e con pietre come onice e giaietto. È una luna di nuovi freschi inizi, l'energia ed il potere scorrono pigramente, sotto la superficie.