venerdì 26 dicembre 2014

Comare Morte

Un pover’uomo aveva dodici figli e doveva lavorare giorno e notte per poter procurare loro soltanto il pane. Quando venne al mondo il tredicesimo, non sapendo più cosa fare, corse sulla strada per pregare il primo che incontrasse di fare da padrino. Il primo che incontrò fu il buon Dio. Il buon Dio già sapeva cosa gli pesava sul cuore e gli disse: “Pover’uomo, mi fai pena: terrò a battesimo il tuo bambino e provvederò perché sia felice sulla terra.” - “Chi sei?” domandò l’uomo. “Sono il buon Dio.” - “Allora non ti voglio per compare, perché dai tutto ai ricchi e fai patire ai poveri la fame.” Così parlò l’uomo poiché non sapeva con quanta saggezza Iddio dispensi ricchezza e povertà. Volse così le spalle al Signore e proseguì. Gli si avvicinò il diavolo e disse: “Cosa cerchi? Se sarò padrino di tuo figlio, gli darò oro e tutti i piaceri del mondo.” L’uomo domandò: “Chi sei?” - “Sono il diavolo.” - “Allora non ti voglio per compare: tu inganni gli uomini per sedurli,” disse l’uomo, e proseguì. Gli venne incontro la Morte e gli disse: “Prendimi per comare” - “Chi sei?” domandò l’uomo. “Sono la Morte, che fa tutti uguali.” Allora l’uomo disse: “Tu sei giusta: prendi sia il ricco sia il povero senza fare differenze; sarai la mia comare.” La Morte rispose: “Farò diventare tuo figlio ricco e famoso; chi mi ha per amica, non manca di nulla.” Disse l’uomo: “Domenica prossima c’è il battesimo: sii puntuale.” La Morte comparve come aveva promesso e fece da madrina al piccolo.

Quando il ragazzo fu adulto, un bel giorno la comare lo prese con se, lo portò nel bosco e, quando furono soli, gli disse: “Ora avrai il mio regalo di battesimo. Farò di te un medico famoso. Quando sarai chiamato al letto di un ammalato, ti apparirò ogni volta: se sarò accanto al suo capo andrai sul sicuro, gli darai un’erba che ti indicherò e guarirà; ma se mi vedi ai piedi del letto dell’infermo, allora è mio e dovrai dire che ogni rimedio è inutile e che deve morire.” Poi la Morte gli indicò l’erba miracolosa e gli disse: “Guardati dall’usarla contro il mio volere.”

Ben presto il giovane divenne famoso in tutto il mondo. “Gli basta guardare l’ammalato per capire se guarirà o se deve morire.” Così si diceva di lui e la gente accorreva da ogni parte per condurlo dagli ammalati e gli davano tanto oro quanto egli chiedeva, cosicché‚ in poco tempo divenne un uomo ricco. Ora avvenne che anche il re si ammalò, e mandarono a chiamare il medico perché‚ dicesse se doveva morire. Ma quand’egli si avvicinò al letto, vide che la Morte si trovava al capezzale dell’ammalato: non vi era più erba che giovasse. Ma il medico pensò: “Forse per una volta posso ingannare la Morte, e dato che è la mia madrina, non se l’avrà poi tanto a male!” Così prese il re e lo voltò di modo che la Morte venne a trovarsi al suo capo; poi gli diede l’erba e il re si riebbe e guarì. Ma la Morte andò dal medico adirata e con la faccia scura gli disse: “Per questa volta te la passo perché‚ sono la tua madrina, ma se ti azzardi a ingannarmi ancora una volta, ne andrà della tua stessa vita!”

Non molto tempo dopo si ammalò la principessa e nessuno riusciva e guarirla. Il re piangeva giorno e notte da non vederci più; infine fece sapere che chiunque la salvasse dalla morte, sarebbe diventato il suo sposo e l’erede della corona. Quando il medico giunse al letto dell’ammalata, vide la Morte al suo capezzale. Ma pensò alla promessa del re e inoltre la principessa era così bella che egli dimenticò l’ammonimento e, anche se la Morte gli lanciava terribili occhiate, voltò l’ammalata mettendole la testa al posto dei piedi e le diede l’erba, cosicché‚ ella tornò in vita.

Ma la Morte, vedendosi defraudata per la seconda volta di ciò che le spettava, andò dal medico e disse: “Seguimi!” lo afferrò con la sua mano di ghiaccio e lo condusse in una caverna sotterranea, ove si trovavano migliaia e migliaia di luci a perdita d’occhio. Alcune erano grandi, altre medie, altre ancora piccole. A ogni istante alcune si spegnevano e altre si accendevano, di modo che le fiammelle sembravano saltellare qua e là. “Vedi,” disse la Morte, “queste luci sono le vite degli uomini. Le più alte sono dei bambini, le medie dei coniugi nel fiore degli anni, le piccole dei vecchi. Ma a volte anche i bambini e giovani hanno soltanto una piccola candelina. Quando si spegne, la loro vita è alla fine ed essi mi appartengono.” Il medico disse: “Mostrami la mia.” Allora la Morte gli indicò un moccoletto piccolo piccolo che minacciava di spegnersi e disse: “Eccola!” Allora il medico si spaventò e disse: “Ah, cara madrina, accendetene un’altra perché‚ possa godere la mia vita, diventando re e sposo della bella principessa!” - “Non posso,” rispose la Morte, “deve spegnersi una candela prima che se ne accenda un’altra.” - “Allora mettete quella vecchia su di una nuova, che arda subito quando l’altra è finita,” supplicò il medico. Allora la Morte finse di esaudire il suo desiderio, e prese una grande candela nuova. Ma, nel congiungerle, sbagliò volutamente, poiché‚ voleva vendicarsi, e il moccolo cadde e si spense. Subito il medico stramazzò a terra: anch’egli era caduto nelle mani della Morte.


Su internet ho trovato questa versione, l'ho modificata leggermente poichè era stata tradotta malamente. In seguito ad alcuni avvenimenti, ho voluto analizzare questa fiaba, anche se l'argomento potrebbe sembrare un po' macabro!! L’insegnamento che vuole dare questa fiaba,riguarda il giudizio della morte, secondo la quale tutti gli uomini sono uguali. Quando è giunto il momento di abbandonare il proprio corpo, che si sia imperatori, ricchi, poveri o contadini, la Morte, puntuale, si presenta. Per questo motivo viene spesso raffigurata mentre tiene tra le mani una clessidra, la quale simboleggia l’incessante scorrere del tempo. La morte è una figura, per quanto temuta, estremamente equa, oggettivamente non la si può schierare né dalla parte del Male n’è da quella del bene, è sopra ad ogni cosa, a ogni giudizio e ad ogni preghiera. Umanamente però la venuta della Morte viene spesso accolta dal dolore poiché ci priva dell’affetto dei nostri cari, è un salto nel buio, un momento di passaggio obbligatorio dopo il quale non ci è permesso sapere nulla di quello che può accadere. Non ci sono risposte certe, ma solo supposizioni. Può accadere semplicemente che l’energia vitale si dissolva, vi sono persone che credono nella reincarnazione, altre in una vita nuova in un luogo migliore o peggiore, in base alle azioni compiute precedentemente. La Morte è qualcosa che tutti devono affrontare, prima o poi.

Addentranodici maggiormente all’interno di questa fiaba, possiamo notare che il protagonista è l’ultimo figlio nato, il tredicesimo. Nei Tarocchi la tredicesima carta è rappresentata dalla Morte, la quale simboleggia il cambiamento, la trasformazione e la rinascita. Rappresenta lo spirito immortale, la purificazione ma anche il movimento inarrestabile. In alcuni mazzi di tarocchi, nella carta della morte non sono riportati né il numero 13, né la didascalia dell’arcano, considerando la Morte un tabù, qualcosa che è meglio evitare. Al bambino prescelto è stata dunque data la possibilità di capire, osservando un malato relegato nel proprio letto, se questo morirà o meno. Importantissima la posizione della Morte, piuttosto dell’erba della quale non si conosce neanche il nome: se la morte si trova accanto al letto, vicino al capo, il malato potrà guarire, ma se diversamente si troverà ai piedi del letto, non vi sarà scampo. Nella tradizione popolare si sconsiglia di rivolgere il letto in modo che i piedi siano rivolti verso la porta della stanza, è di cattivo auspicio poiché nell’immaginario collettivo la morte entra dalla stanza e ti trascina per i piedi. Tale credenza ha origini antichissime, i romani infatti facevano uscire i propri cari defunti con i piedi in avanti. Chi si pone accanto al letto, fa visita al malato, può aiutarlo nel mettersi seduto, può sistemargli il cuscino, fargli da mangiare e curarlo. Il dottore riesce a ottenere così successo e fama, ma davanti al Re e alla sua adorata figlia, non riesce ad essere equo quanto la Marte e decide quindi di prendersi gioco di Lei. La madrina infuriata, dopo essere stata derubata una seconda volta di un’anima che le spettava, accompagna il proprio figlioccio sotto terra, luogo assegnato alla Morte e alle sue anime in molte culture. Qui vi sono infinite file di ceri di diversa lunghezza che rappresentano le vite di ognuno: alcune si accendono, altre si spengono. In antichità si accendevano dei ceri nella notte per guidare le anime dei propri cari, in particolar modo durante la notte del 31 ottobre e quella del primo novembre, poiché si credeva che in questo periodo il mondo dei vivi e quello dei morti si avvicinino e il velo che li separa si assottigli. Questa pratica viene effettuata ancora oggi, è un gesto naturale quello di accendere una candela vicino alle foto dei propri defunti, in modo da illuminarle, e rivolger loro delle preghiere. La luce della candela, come la vita umana, diventa sempre più fioca fino a quando, inevitabilmente, si spegne. La luce ha anche la particolarità di allontanare gli spiriti maligni e le negatività. Una candela che si spegne all’improvviso è sempre di cattivo auspicio, così come quando la cera che cola, avvolge il cero come un sudario. La fiaba finisce con la morte del medico per mano della Morte la quale, restituendo il favore, si beffa dell’uomo facendogli crede di aver salva la vita.

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