venerdì 26 dicembre 2014

I tre Sè della Tradizione Fatata

Più svariate religioni e correnti spirituali hanno cercato di "suddividere" l'essere umano in più parti: c'è il corpo fisico, quello materiale con il quale interagiamo con il mondo, lo spirito o l'anima, la mente cosciente, il subconscio e via dicendo. Nella Tradizione Fatata la mente si divide in cosciente e in incosciente, chiamate rispettivamente Sè Parlante e Sè Giovane. Semplificando, la prima viene gestita dalla parte sinistra del cervello, quella linguistica, matematica e organizzata mentre la seconda è gestita dall'emisfero destro, più istintivo, emotivo e poetico.

Il Sè Giovane (Fetch, Sè Bambino, Subconscio) fa esperienza nel mondo in modo diretto, attraverso la coscienza olistica dell'emisfero destro. Le sensazioni, le emozioni, i sogni, gli impulsi di base, la memoria visiva, le intuizioni e le percezioni fan tutte parte del Sè Giovane. Egli comunica attraverso immagini e archetipi, emozioni, sensazioni e sintomi fisici, non attraverso il linguaggio.

Il Sè Parlante (Talker, Ego) cerca di organizzare le impressioni del Sè Giovane, anche se la comunicazione non è sempre facile. Egli funziona attraverso la coscienza verbale e analitica tipica dell'emisfero sinistro, include anche quella serie di regole interiori che ci permettono di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.

Ma nella Tradizione Fatata esiste un terso Sè, il Sè Profondo (Sè Divino, Sè Superiore, Santo Demone, Angelo Custode, Super-ego), rappresenta la nostra parte divina, l'anima che esiste aldilà del tempo, dello spazio e della materia, l'essenza primaria. Viene spesso rappresentato da due spirali unite o dal segno dell'infinito, l'unione dell'energia femminile e maschile. Viene chiamato anche Dian Y Glas, Dio Blu. Il blu rappresenta lo spirito e si narra che il Sè Profondo apparisse di blu quando veniva visto realmente.

 Nell'ebraismo esoterico e nella cabala il Sè Profondo viene chiamato Neshamah, dalla radice Shmh, che significa sentire o ascoltare. Il Sè Profondo è l'anima che ci ispira e guida, è connesso al Sè Giovane e non direttamente al Sè Parlante. Perciò per comunicare con il Sè Profondo, con il Dio/Dea interiore facciamo ricorso ai simboli, ai rituali, agli archetipi, alla poesia, alla musica, al mito. Il Sè Giovane non viene impressionato dalle parole, vuole vedere, essere sedotto, avvertire sensazioni piacevoli ed euforiche. Solo così è possibile accedere al Sè Profondo. Alcuni aspetti dei rituali della Stregoneria possono sembrare sciocchi, a tutti i praticanti è capitato di chiedersi, durante una celebrazione o un rituale "Perchè faccio questo? Che senso ha? Sono solo gesti". E' il Sè Parlante, razionale e pratico, che interferisce con la sua mentalità un po' rigida e non si rende conto, o non si ricorda, che il rituale è diretto al Sè Giovane. Spesso è l'umorismo la chiave per aprire gli stati di coscienza più profondi, parte del prezzo da pagare, se così si può dire, è abbandonare il senso della dignità d'adulti, tornare bambini, ridere senza motivo, fare un po' gli sciocchi, svestirsi, ballare e cantare senza un filo logico. Quando una bambina fa finta di essere una Regina, la sua sedia diventa un trono, quando è una Strega finge che la sua bacchetta abbia poteri magici, quindi diventa un canale di energia. Ovviamente ci deve essere giudizio, il Sè Parlante non va annientato o fatto tacere, tutto deve rimanere in equilibrio. Fare uso di sostanze stupefacenti o di alcool, altera facilmente lo stato di coscienza ma è anche altrettanto difficile riaffiorare o ricordare a volta ciò che è accaduto, il tutto diventa un'esperienza vissuta solo dal Sè Giovane e non dal Sè Parlante. Una coscienza allenata non si scontra con la realtà quotidiana, è in grado di volare oltre, grazie lo spirito, e ottenere intuizioni e percezioni che potranno poi essere verificate, ricordate e narrate dal Sè Parlante

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